MAESTRO – Film di Bradley Cooper. Con Bradley Cooper, Carey Mulligan, Matt Bohmer, Vincenzo Amato, Maya Hawke, Booch O’Connel, Jace Wade, Atika Greene, Tim Rogan, Tom Toland, Brian Klugman, USA 2023. Fotografia di Mathew Libatique.
Devo premettere che ho per Leonard Bernstein una grande venerazione e che aspettavo con ansia, ma anche con timore, l’uscita di “Maestro”. Il film, che si può vedere sulla piattaforma Netflix, è stato prodotto da Bradley Cooper con Martin Scorsese, Steven Spielberg, Kristie Macosko Krieger, Fred Berner e Amy Durning, e ha come protagonisti Carey Mulligan nei panni di Felicia Montealegre e lo stesso Bradley Cooper nei panni di Bernstein.
Chiariamo subito che “Maestro” non è un classico film biografico, ma è la storia d’amore tra una donna e un uomo geniale e stravagante. Lui è giustificato nel comportamento dal suo immenso talento: è un magnifico direttore d’orchestra, un brillante pianista, un geniale compositore. Insomma è un artista. Lei è un’attrice di teatro ma è anche madre (di Jamie, Alexander e Nina), moglie e “compagna” e insieme hanno vissuto una profonda e intensa relazione. Però, essendo lui bisessuale, lei ha dovuto accettare (perdonare?) i suoi capricci e i tradimenti. Ma quando lei si ammalerà lui non la lascerà sola un attimo prendendosi cura di lei come mai si sarebbe potuto pensare.
Per tutto il tempo del film ho provato sensazioni contraddittorie e se non avessi saputo che si trattava di Lenny (diminutivo con il quale gli amici chiamavano Leonard Berstein), probabilmente il film mi sarebbe piaciuto molto. Ha una prima parte (fotografata da Mathew Libatique) in bianco e nero ben girata e con un bel ritmo, mentre la seconda parte è a colori dove Bernstein, un po’ invecchiato e appesantito, è più riconoscibile.
Bradley Cooper in questo film si conferma un bravo regista oltre che un ottimo attore. Dalle varie interviste fatte ai figli di Bernstein – così come era successo per il primo suo film da regista “A Star is Born” – viene fuori la figura di un regista come uno dalla personalità molto determinata, perfezionista e grande lavoratore.
Nonostante Cooper abbia fatto un lavoro eccezionale nell’imitare/riprodurre il maestro, io sono poco persuasa del nasone posticcio e la descrizione così ridanciana di Lenny giovane mi convince poco: penso che il suo humour fosse più ironico ed ebraico. Insomma Leonard Bernstein aveva uno fascino e un carisma incredibile che Cooper non riesce a riproporre.
Una cosa che non capisco bene è questa ossessione degli attori di rifarsi quasi uguali ai personaggi che interpretano che imperversa negli ultimi anni (da Gary Oldman = Churchill in poi) subendo 5 ore al giorno di trucco, quando, a mio avviso, sarebbe stato meglio non truccarsi affatto. Del resto Carey Mulligan (bravissima comunque) è se stessa e non è affatto “mascherata” da Felicia.
Quello che manca nel film (sceneggiatura di Bradley Cooper con Josh Singer) è una benché minima spiegazione di perché Bernstein sia stato così grande. Lenny era ostinato nel suo voler comporre un’opera realmente americana che riprendesse, in modo quasi post-moderno, il jazz, la musica classica colta, la musica ebraica e la musica popolare. Così ad esempio è per “A Quiet Place” del 1983 scritta su libretto di Stephen Wadsworth, considerata il sequel di “Trouble in Tahiti” del 1951. E che dire del grande successo di “West Side Story” del 1961, l’attualizzazione newyorkese di Romeo e Giulietta in musical?
Nel film questo capolavoro è appena accennato. Un’altra acuta intuizione di Lenny è di aver capito per primo l’importanza comunicativa del mezzo audiovisivo: le registrazioni delle sue lezioni di musica per bambini sono un geniale esempio per tutti: grandi e piccoli. Infatti, arrivato alla direzione delle New York Philharmonic Orchestra, Bernstein diede il via nel 1958 agli Young People’s Concerts, una serie di concerti tenuti alla Carnegie Hall e trasmessi per televisione dal network americano CBS. In ciascun concerto riusciva ad illustrare con chiarezza esemplare le forme musicali classiche e contemporanee, lo stile dei grandi autori, i problemi legati all’esecuzione, l’essenza stessa di un discorso in note.
Un sondaggio pubblicato dalla rivista “Classic Voice” nel 2011, svolto tra cento famosi direttori d’orchestra, lo ha reputato il più grande direttore d’orchestra di tutti i tempi, dietro solo a Carlos Kleiber figlio, a sua volta, del direttore d’orchestra Erich Kleiber.
Un’altra cosa importante trascurata nel film è il dato politico: sia Leonard Bernstein che Felicia Cohn Montealegre, sposatisi nel 1951, avevano idee politiche precise e sostenevano il movimento dei Black Panthers per i quali raccolsero anche i fondi, organizzando alcuni ricevimenti.
Mi chiedo solo perché Bradley Cooper si debba cimentare in cose così difficili e che conosce poco come tutto il campo della musica, da quella country di “A Star is Born” a questa notevolmente più impegnativa. Insomma, per restare nell’ambito operistico, sarei in accordo con ciò che il Sacrestano dice a Mario Cavaradossi nella “Tosca”: “Scherza coi Fanti e lascia stare i Santi”.