Pubblicato sul manifesto il 5 dicembre 2023 –
Ammetto di sapere poco o nulla della situazione politica interna dell’Ucraina in guerra, insieme a tutti noi, con la Russia. Colpa mia, ma un po’ anche dei nostri media che assai poco ne parlano. Come poco parlano, per la verità, della situazione politica e sociale della Russia. Ieri mi ha colpito invece l’articolo di Letizia Tortello su La Stampa. Vi si poteva leggere una affermazione del sindaco di Kiev, Vitaly Klitschko, rilasciata al tedesco Der Spiegel, in polemica con Zelensky: «L’Ucraina si sta muovendo verso l’autoritarismo. Che differenza ci sarà con la Russia, se tutto dipende dal capriccio di un uomo solo?».
Lo ammetto: l’Ucraina è stata invasa da Putin, che è un dittatore criminale, ma non ho mai avuto simpatia politica per Zelensky. La guerra per me è sempre una follia atroce, come vediamo ora anche a Gaza e in Israele, e in Ucraina sarebbe una follia ancora peggiore se avesse ragione il sindaco di Kiev.
Per questo oggi me la cavo dando un po’ di spazio a una collega che è molto impegnata a far conoscere chi, in Russia, si oppone alla guerra rischiando la propria libertà e anche la propria vita. Molti suoi articoli sul tema sono apparsi, da quando i carri armati di Putin sono arrivati fino alla capitale ucraina, sull’Avvenire, e i materiali di questa continua ricerca e documentazione sono ora confluiti in un libro intitolato Voci dall’altra Russia. Quelli che resistono alla guerra (edito da Ilmiolibro). L’autrice, Raffaella Chiodo Karpinsky, ringrazia tra gli altri per il sostegno ricevuto Chiara Ingrao e Sergio Sergi, ex corrispondente dell’Unità da Mosca, e io ne approfitto per salutarli.
Domani, mercoledì 6 dicembre, il libro sarà presentato a Milano alle 18,30 nello spazio “The Art Land” alla Fabbrica del Vapore in via Procaccini 4. Con la partecipazione di Anna Del Freo, della Federazione europea dei giornalisti, e di Gian Marco Duina, presidente delle Brigate volontarie per l’emergenza di Milano.
Nella copertina del libro campeggia la foto di un cane sulla neve fatta circolare da pacifisti russi: sotto l’animale si possono leggere le parole che significano “no alla guerra”. Una parola, guerra, che pur se usata in riferimento all’Ucraina dallo stesso Putin al recente G20 («dobbiamo pensare – ha aggiunto in modo surreale – a come porre fine a questa tragedia…») è vietato per legge a tutti gli altri russi di pronunciare al posto della definizione ufficiale “Operazione militare speciale”.
L’immagine rimanda a un discorso del direttore della Novaya Gazeta e premio Nobel per la pace Dmitry Muratov (recentemente definito dal regime “agente straniero”) a proposito del deputato russo Aleksey Gorinov, arrestato per aver disobbedito al divieto: «Al deputato Gorinov hanno dato sette anni di galera per una parola di cinque lettere che non si può pronunciare in Russia – è la prima parola del romanzo di Tolstoj, dove la seconda parola è “pace”. Ha 61 anni, è uno scienziato, ha gravi problemi di salute. Pensava fosse possibile dire che quando è in corso un confitto sanguinoso non è un buon momento per organizzare concorsi di disegno per bambini. Per questo si è beccato sette anni di carcere. Poco prima della sentenza aveva raccolto per strada un cane randagio. Dopo la condanna il cane non si è fatto avvicinare più da nessuno ed è morto di fame da solo. È opportuno che qui davanti a voi, durante questa terribile tragedia, io vi parli di un cane? Devo dirvi sì. Perché in questa storia gli animali sono più nobili dei giudici e più nobili dei carnefici…».
Leggere questo libro, per conoscere e sostenere le tante e i tanti che come Muratov e Gorinov in Russia si ribellano a Putin e alla guerra.