UTAMA – LE TERRE DIMENTICATE – Film di Alejandro Loayza Grisi Con José Calcina, Luisa Quispe, Santos Choque, Candelaria Quispe, Placide Ali, Félix Ticona, René Calcina,René Pérez, Juan Carlos Calcina , Jorge Yucra Nogales. Bolivia, Uruguay, Francia 2022. Fotografia di Barbara Alvarez.
“Utama – Le terre dimenticate”, è un’opera prima di Alejandro Loayza Grisi, grafico audiovisivo boliviano trentasettenne. A mio avvio il regista con questo film ha voluto costituire un forte j’accuse sui problemi del cambiamento climatico, troppo trascurato oggi da tutte le comunità occidentali e non. Contemporaneamente, “Utama – Le terre dimenticate”, è anche una tenera storia d’amore, ma vediamo in dettaglio di cosa tratta.
Siamo tra gli altopiani della Bolivia e seguiamo un’anziana coppia quechua – “utama” in lingua quechua vuol dire “la nostra casa” -, Virginio e Sisa (i magnifici José Calcina e Luisa Quispe), che vivono allevando i lama da cui traggono un po’ di lana. Il popolo andino, infatti, prende il nome dall’antichissima lingua quechua che risale all’impero Inca, e sopravvive, sugli altipiani di Perù, Bolivia ed Ecuador.
Rigida è la separazione dei ruoli in questa civiltà: al maschio la cura del bestiame, alla donna l’approvvigionamento e la cura della casa. Virginio è un uomo di poche parole e cocciuto, si direbbe scorbutico che ripete in maniera iterativa i suoi gesti quotidiani in tutte le stagioni e per svariati anni.
Purtroppo una prolungata siccità minaccia, non solo l’allevamento, ma la loro stessa sopravvivenza. Quei terreni, che un tempo generavano ricchezza, sono oggi infruttuosi e inospitali anche alla sempre più esile popolazione autoctona che li ha amati e curati per decenni. Non si riesce a piantare nulla, i lama hanno sete, fa molto caldo e la distanza per raggiungere il torrente più vicino è notevole. Molti abitanti del villaggio vicino se ne sono già andati in città, ma Virginio e Sisa cercano di resistere con tutte le loro forze, sempre nella speranza di una pioggia.
Inoltre Virginio è ammalato, ha una brutta tosse che cerca di nascondere alla moglie, ma non vuole curarsi.
Hanno avuto un figlio che se n’è andato da tempo in città e un giorno arriva a trovarli il loro nipote Clever (interpretato da Santos Choque), con vari doni cibari e pieno di buona volontà. Sua intenzione è quella di portare i nonni a vivere con lui in città, specialmente adesso che sta, a sua volta, diventando padre.
I due personaggi devono fare i conti, con l’ambiente che li circonda e con la necessità di cambiare. Come si fa a scegliere tra tradizione o innovazione? Come si possono lasciare quei luoghi che hanno visto crescere generazioni di quechua? E poi che atteggiamento avere di fronte alla malattia: cura per la sopravvivenza o accettazione del destino?
Il film è una tenera storia d’amore tra le persone, ma anche tra le persone e i luoghi.
Così racconta il regista in un’intervista: «La scena di cui vorrei parlarvi è subito all’inizio della pellicola e racchiude molte delle sensazioni e dei significati del film; si svolge senza nessun dialogo, ma si percepisce il conflitto principale del protagonista” e il significato della vita stessa. Utama è una sorprendente storia d’amore ambientata tra gli incantevoli paesaggi di questa terra lontana, che fanno da sfondo a una toccante riflessione sui temi ambientali e sul futuro delle popolazioni più remote e dimenticate». E poi aggiunge: «Credo che ogni film sia un atto politico specie se si toccano tematiche particolarmente sensibili… bisogna lasciare riflettere e pensare su problemi e tematiche come il cambiamento climatico».
La crudele metamorfosi del paesaggio è rappresentata splendidamente dalla scelta registica di immortalare immensi spazi deserti ed aridi, riconducibili al cinema americano di John Ford o di quello di Sergio Leone o all’umanesimo fotografico di Sebastião Salgado.
Il film “Utama – Le terre dimenticate” ha ottenuto il premio della Giuria al Sundance Festival ed è ora, meritatamente candidato per la Bolivia, in corsa all’Oscar per il miglior film internazionale.