Pubblicato sul manifesto il 25 luglio 2023 –
La parola odierna di questa rubrica – ogni tanto mi impongo di non smarrire l’intenzione di centrarla a partire da un singolo termine – potrebbe essere “relazione”. Espressione piuttosto scivolosa quanto ai possibili significati. Quei due “hanno una relazione”. Si pensa subito a un rapporto amoroso, forse anche poco ufficiale… Le ben note “relazioni pericolose”. Oppure l’espressione “capitalismo di relazione”. È stata usata per definire – cito da un vecchio articolo del Post – «quell’intreccio di rapporti, spesso opachi, tra imprenditori, finanzieri, banchieri, affaristi, manager, editori, giornalisti, pezzi delle istituzioni e della politica che, per decenni, hanno governato le sorti dell’economia italiana». Come se il capitalismo potesse essere davvero quella meraviglia della ragione astratta chiamata “concorrenza perfetta”.
Ma la parola – di per sé, direi, piuttosto neutra – assume anche significati intrinsecamente positivi. Da molti anni, con amiche femministe e con amici disposti a riconoscere il cambiamento aperto dalle donne, discuto di una “politica delle relazioni”.
Così, dopo questo faticoso preambolo, sono arrivato a nominare Bianca Pomeranzi, che ci ha lasciato venerdì scorso. Lasciando un grande vuoto, e provocando una immediata, diffusa reazione in chi l’ha conosciuta: non perdiamo la sua lezione. Ne ha scritto qui con la passione e con la precisione che viene da una lunghissima relazione personale e politica Fulvia Bandoli.
Io aggiungo soltanto un sentimento di profonda gratitudine a Bianca. L’ho incrociata tante e tante volte, quasi sempre insieme alla sua carissima compagna Maria Rosa Cutrufelli, in occasioni di scambio proposte dal mondo femminista, e in particolare dal Gruppo del mercoledì di cui faceva parte.
Ma la gratitudine speciale è dovuta al suo esserci, da tanti anni, nel gruppo, prevalentemente maschile, che si è dato il nome di “Associazione per il rinnovamento della sinistra”. Siamo più o meno tutti, a partire dal fondatore Aldo Tortorella, uomini di sinistra e attenti al femminismo – se posso così semplificare. Ma la capacità di comprendere e praticare davvero il nesso che esiste tra “personale” e “politico”, e che si invera nella qualità, consapevolezza, forza delle relazioni personali attraverso le quali la ricerca critica su se stessi e sul mondo, la produzione di idee per cambiarci e cambiarlo, si lega alla gestione dei conflitti, al riconoscimento delle disparità e dell’autorità che circola in ciò che chiamiamo politica, questa capacità mi sembra che muova ancora i suoi primi e incerti passi.
Parlo prima di tutto di me. E potrei fare notazioni in parte simili per l’esperienza che da molti anni vivo nella rete di maschile plurale, che pure ha molto concentrato desideri, motivazioni, pratiche politiche e progetti proprio sul cambiamento aperto, aperto anche per noi, dalla rivolta femminile contro il patriarcato.
Bianca non teorizzava molto sulla “politica delle relazioni”, almeno per quanto l’ho saputa ascoltare. Ma era presente con la sua curiosità e pazienza, con la capacità di ascolto, le sue conoscenze e esperienze molto ricche. Direi che, senza smentire per nulla la radicalità del suo “femminismo storico”, incarnava la fiducia che un nuovo modo di vivere e di fare politica tra uomini e donne è possibile.
Credo che di questo sentimento, reciproco, abbiamo più o meno coscientemente, un grande bisogno.
Il “nuovo mondo possibile” di cui giustamente si è riparlato su queste pagine ricordando il movimento che si era espresso e fu brutalmente represso nel 2001 proprio in questi giorni di luglio a Genova, o passa da qui o credo che non si avvererà mai.