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Microcritiche / La filosofia di un padre

30 Giugno 2023
di Ghisi Grütter

UN BEL MATTINO – Film di Mia Hansen-LØve. Con Lea Seydoux, Pascal Greggory, Melvil Poupaud, Nicole Garcia, Camille Leban Martins, Elsa Guedj, Fejria Deliba, Pierre Meunier, Francia 2022. Fotografia Denis Lenoir.

“Un bel mattino” si ispira alla malattia del padre della regista Mia Hansen-LØve, che ha iniziato a scriverne la sceneggiatura quando egli era ancora in vita.
In una Parigi che ci sembra familiare, il film narra le difficili giornate di Sandra Kinsler (interpretato benissimo da Lea Seydoux), una giovane vedova che cresce una bambina di 8 anni da sola e si prende cura del vecchio padre malato della Sindrome di Benson. Questa è l’atrofia corticale posteriore, una forma di demenza che è considerata una variante atipica dell’Alzheimer. La malattia provoca una progressiva interruzione dell’elaborazione visiva.
Il padre (un fantastico Pascal Greggory) è stato uno stimato Professore di filosofia: la lettura era il suo pane quotidiano, il pensiero era la sua anima.
La sofferenza della figlia nasce da un lato nel sentirsi impotente nei confronti di una malattia progressiva degenerativa, dall’altra dalla impossibilità a riconoscere e ad accettare che quell’uomo (o la parvenza di ciò che ne resta) sia il padre che l’ha sempre guidata negli studi e nella vita.
La perdita di autonomia costringe la famiglia allargata (ex moglie, compagna attuale e due figlie) a non poterlo più lasciare solo nel suo appartamento e optare per un ricovero statale perché troppo caro quello privato. Cambierà tre o quattro posti prima di trovare la situazione definitiva.
Belle e lunghe sono le scene in cui si impacchettano gli oggetti. Sandra si occupa in particolare dei libri che cerca di piazzare da un paio di ex allieve del padre. Mentre spolvera i libri e li mette negli scatoloni Sandra non può fare a meno di ritrovare, con grande tristezza, un riferimento al pensiero filosofico paterno in ogni libro.
Sandra lavora come interprete in incontri finanziari e politici ad alti livelli e ogni tanto traduce testi famosi. Vive in una casa centrale piccola e senza ascensore – come spesso a Parigi. Lei vive priva totalmente di lussi; è vestita sempre in jeans e zainetto e porta i capelli molto corti: ha l’aria di un ragazzino poco più che adolescente.
Rincontra casualmente un vecchio amico del marito che fa il “chimico spaziale” – colui che analizza la polvere delle stelle – che viaggia spesso per lavoro. Il bisogno di amore e di essere amata le fa nascere una inaspettata passione e, se da un lato un uomo per lei importante la sta lasciando, uno nuovo si affaccia nella sua vita.
Purtroppo Clemént (interpretato da Melvil Poupaud) è sposato da dieci anni e ha un figlio, quindi il rapporto sarà molto complicato.
Attorno ai tre protagonisti altre figure di contorno abbozzate, tra cui spicca Françoise, la ex moglie, (interpretata da Nicole Garcia) emancipata, decisionista e battagliera.
Una regia votata al minimalismo, un film intimista ed esistenziale come la regista ha già mostrato nelle sue opere precedenti (“L’avvenir – le cose che verranno” del 2016 o “Un amore di gioventù” del 2011).
Una Parigi ben filmata dove i monumenti si sentono ma non si vedono: la scena davanti a un quadro di Claude Monet al Musée de l’Orangerie, una vista panoramica davanti al Sacro Cuore a Montmartre e varie scene a piedi e in barca nei fiumi dei parchi parigini dove gli amanti sono in cerca di privacy.
La pellicola è stata presentata alla Quinzaine des Réalisateurs a Cannes ed esplora l’animo femminile grazie anche alla recitazione di Léa Seydoux, il cui dolore è contenuto, nonostante le lacrime.

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