Pubblicato sul manifesto il 9 maggio 2023 –
In un ambulatorio, in attesa della visita con il mio medico di base (di cui mi fido moltissimo), ho trovato e sbirciato un pieghevole con il quale si presenta uno psicologo. Promette di essere in grado di risolvere nel giro di non molte sedute problemi non semplici di insicurezza, disagio, ansia, panico, senza bisogno di “risalire alle cause” (tipo i traumi subiti nell’infanzia ecc.) ma grazie a una metodologia che mira subito alla capacità di reagire a questi disturbi. Oltre a ciò dice poi si essere esperto in procedimenti tipici di culture orientali, arti marziali, tai chi, altre sigle a me sconosciute. Una sapienza pratica e teorica che potrà molto giovare a un nostro migliore benessere fisico e spirituale (come documenterebbe un ricco curriculum).
Ho poi trovato in edicola, distribuito con il Corriere della sera, il primo di una serie di libretti (una trentina, uno alla settimana) che ci guidano, attraverso “meditazioni quotidiane”, a “vedere la luce dentro di noi”. Si parte dalla “Consapevolezza” per arrivare alla “Solitudine”, ovvero “un modo buono per stare con noi stessi”.
Il signore che cura la raccolta – non vorrei fargli troppa pubblicità (ho sbirciato, questa volta sul web, che organizza incontri a pagamento, comprese sedute con medium…) – cita in premessa gli occidentali Pessoa e Epitteto, e poco dopo il “registro akashico”, che secondo l’Induismo – scrive – «è la “sostanza”, l’”etere”, l’essenza di cui sono fatte tutte le cose (…) i registri akashici sono una specie di memoria cosmica, contenenti, impressi dentro di loro, ogni avvenimento di ogni anima di ogni essere umano». Qualcosa che si mischierebbe anche nelle nostre cellule e i codici del Dna…
Ora si parla molto di “deglobalizzazione”: pare che la fase di globalizzazione alle nostre spalle abbia avvantaggiato più la Cina, e in parte la Russia, che l’Occidente a guida Usa, e questo secondo alcuni (come l’economista Emiliano Brancaccio, nel suo libro La guerra capitalista, Mimesis, 2022) motiva i nuovi protezionismi e il senso stesso della guerra (ammesso che ne abbia uno).
Tendo a credere però che l’interconnessione del mondo e il mix di culture diverse che stiamo vivendo continueranno a crescere in una qualche misura “globalizzante” indipendentemente dalle scelte economiche, ideologiche, politiche e belliche di chi ha poteri di governo.
Certo, verrebbe da chiedersi con quali effetti qualitativi sui nostri gradi di informazione, visione di sé e del mondo, di “consapevolezza”, appunto.
Se nelle nostre diete entrano ormai spesso – e con piacere del gusto – ricette che vengono dall’Africa, dal Giappone, da Cina, India ecc., se facciamo ginnastica seguendo principi orientali, e ci piace il cinema coreano, questo non dovrebbe spingerci a capire sempre meglio che cosa di veramente buono possiamo raccogliere da riflessioni critiche sulle culture da cui veniamo e sulle altre che incontriamo ormai quasi a ogni passo?
Domanda certo non nuova. In una conferenza alla Sorbona del 1925 il discusso, controverso studioso delle filosofie orientali Renè Guénon asseriva che solo scoprendo la “metafisica orientale” un Occidente ormai avviato alla catastrofe di una visione esclusivamente fisica e tecnica, avrebbe potuto ritrovare se stesso e salvarsi (pubblicata in un libricino Adelphi 2022: La metafisica orientale).
Ma se quelli erano interrogativi piuttosto elitari, oggi come destreggiarsi con anima e corpo nell’epoca di internet e dei social, delle migrazioni di massa, delle guerre sempre più vicine, delle emergenze climatiche e pandemiche, e del conseguente disagio mentale sempre più diffuso, è un problema urgente per ognuno di noi. E per tutti noi.