IL CORSETTO DELL’IMPERATRICE – Regia di Marie Kreutzer. Con Vicky Krieps, Colin Morgan, Florian Teichtmeister, Aaron Friesz, Marion Rubey, Alma Hasun, Katharina Lorenz, Austria, Francia, Germania, Lussemburgo 2022. Musiche di Camille.
Sono cresciuta con Sissi. Quand’ero piccola tutti gli anni la televisione, monocanale in bianco e nero, mandava in onda uno dei film della trilogia di Ernst Marischka interpretati da Romy Schneider nelle vesti della Kaiserin: “La principessa Sissi”, del 1955, seguito da “Sissi – la giovane imperatrice” del 1956 e “Sissi – Il destino di una imperatrice” del 1957. Una storia d’amore più vicina a una favola che alla storia mitteleuropea.
Recentemente la figura di Elisabeth di Baviera, detta Sissi, è stata rivisitata – in Germania hanno prodotto cinque film negli ultimi due anni – e attualmente è in onda la prima stagione di una serie TV dal titolo “L’imperatrice” della regista bavarese Katharina Eyssen su Netflix e, il film “Il corsetto dell’Imperatrice” (“Corsage” in originale) della regista austriaca Marie Kreutzer è uscito da poco nelle sale cinematografiche.
In entrambi la figura di Elisabeth è tratteggiata in modo da essere antipatica. Nella serie televisiva la ventiquattrenne attrice tedesca Devrim Lingnau non è neanche particolarmente bella, ma dona una connotazione della persona sicuramente capricciosa e viziata.
Per chi non conoscesse la storia, posso brevemente dire che la duchessina Sissi, nata e cresciuta in Baviera, era una ragazza semplice che viveva a contatto con la natura, ed era molto insofferente nei confronti delle formalità e delle rigide regole che regolavano le vite femminili. Cugina del giovane imperatore, un giorno accompagna a corte la sorella Elena che vorrebbero dare in sposa proprio a Francesco Giuseppe. Un coup-de-foudre farà sì che l’imperatore preferisca Sissi alla sua più meritoria sorella.
Il suo carattere ribelle e il suo rifiuto del protocollo imperiale troverà l’ostacolo di Sofia, madre di Francesco Giuseppe, la vera anima nera dell’Impero, che avrebbe certamente preferito una nuora più mansueta.
Mentre nei film degli anni ’50 le stravaganze di Sissi erano viste come gesti spontanei e “democratici”, in queste recenti rivisitazioni diventano stranezze ingiustificate. Una fra tutte raccontate in “Corsage” è quando costringe Marie Valerie, la sua figlia più piccola, a svegliarsi di notte e uscire per andare a cavallo con un freddo tremendo.
Nel film della Kreutzer abbiamo una Sissi sul viale del tramonto. Una donna inquieta, sofferente, ossessionata dal suo aspetto fisico. Siamo nel 1877 ed Elisabeth segue una dieta rigida (al limite dell’anoressia), svolge attività ginniche, pratica la scherma e va a cavallo. Ogni giorno si pesa, si fa misurare il “vitino da vespa” che non deve superare i 47 cm., facendosi stringere sempre più il corsetto, terrorizzata all’idea di perdere la sua leggendaria bellezza. Arrivata a 40 anni (per le donne del popolo era un’età limite) è sempre in giro in un’epoca senza libertà per le donne: la poliglotta imperatrice viaggia tra l’Inghilterra, la Baviera e l’Ungheria. Una curiosità: l’impero Asburgico si chiamò impero Austro-ungarico con l’annessione, e la relativa riforma costituzionale, del Regno d’Ungheria nel 1867. Inoltre la figlia piccola Marie Valerie nacque proprio a Budapest l’anno dopo.
In “Corsage” l’irrequieta imperatrice è ritratta sofferente e malinconica. Così afferma in un’intervista Vicky Krieps, la sua bravissima interprete: «[La malinconia] appartiene alle donne, spesso le soffoca. Io ci convivo, mi lascio attraversare. Sono spesso così anche i miei personaggi, è così l’imperatrice Sissi stretta nei corsetti, una prigione che la rende inquieta, ma le dà anche piacere, cerca quasi di sentire dolore per convincersi di essere viva».
Nel film man mano Sissi sembra cadere lentamente in depressione, comincia a trascurarsi, si taglia i leggendari capelli lunghi fino alle caviglie, inizia a mangiare dolci e ogni tanto si fa sostituire dalla sorella più giovane Marie Sophie, sempre al suo fianco. La sua malinconia si è trasformata in un vero e proprio “mal di vivere”.
E pensare che in quegli anni a Vienna nasceva Sigmund Freud che all’epoca avrebbe dovuto avere una ventina d’anni e studiare all’Università di Vienna; non era quindi ancora arrivato ad affermare che l’impulso sessuale infantile e le sue relazioni con il rimosso, fossero alla base dei processi di formazione della personalità.
Il matrimonio con l’imperatore era ormai naufragato da anni e Sissi sembrerebbe alla ricerca di un senso del vivere, non ha ideali precisi, è esclusa dalle decisioni politiche dell’impero, a sprazzi cerca di alleviare le sofferenze dei malati psichiatrici a cui porta bonbons alle violette (Ma non è un po’ così anche la storia di Lady Diana?).
Senza volere fare troppo spoiler posso dire che la regista si prende delle libertà, ad esempio cambiando il finale. Nella realtà, Elisabeth fu assassinata il 10 settembre 1898 all’età di 60 anni da Luigi Lucheni, un anarchico italiano, mentre andava, con la sua dama di compagnia, verso un traghetto sul Lago di Ginevra. Fu uccisa quasi per errore perché Lucheni voleva fare fuori il Duca d’Orleans, pretendente al trono di Francia.
Il film si regge prevalentemente sui primi piani del volto di Vicky Krieps. L’attrice per questo suo ruolo ha vinto il Premio Un Certain Regard per la migliore interpretazione al Festival di Cannes 2022 e lo European Film Award 2022. Le locations sono molto belle, tutti spazi lussuosi ma un po’ délabré, i castelli che un po’ si assomigliano tra loro, con giardini alla francese curatissimi, ad eccezione della scena nel porto di Ancona, unico vero spazio urbano leggibile.
Anche i costumi sono belli e curati, reinvenzioni tra costume d’epoca e tendenza contemporanea – una camicetta con i cavalli sembra un foulard di Hermès – e la regista si è presa ulteriori libertà includendo intenzionalmente oggetti anacronistici: segnali di uscita di emergenza, un trattore motorizzato, un secchio di plastica, musica anacronistica, come la canzone Help Me Make it Through the Night scritta da Kris Kristofferson nel 1970 o She Was e anche As Tears Go By cantate dalla francese Camille (alias Camille Dalmais). Così come non si hanno prove dell’incontro tra Elisabeth e l’artista francese Louis Le Prince, inventore di una delle prime cineprese cinematografiche. Eccessivo mi è parso un gesto della mano, all’epoca sconosciuto, contrapposto al rigore formale del décor e dei vestiti.
Questi giochi anacronistici sono un po’ di moda, sono stati già utilizzati, ad esempio, da Susanna Nicchiarelli in “Miss Marx” nel 2020 e, ancora prima, da Sofia Coppola in “Marie Antoniette” nel 2006.
Chissà quanti film vedrò ancora tra quelli che saranno prodotti per immortalare questa figura di donna così combattuta, ma sempre affascinante?