LA FIGLIA OSCURA – Film di Maggie Gyllanhaal. Con Olivia Colman, Dakota Johnson, Jessie Buckley, Ed Harris, Peter Sarsgaard, Paul Mescal, Oliver Jackson-Cohen, Alba Rohrwacher, USA 2021. Fotografia di Hélène Louvart, musiche di Dickon Hinchiliffe.
Maggie Gyllanhaal, attrice di talento, si è voluta cimentare nella regia (e nella sceneggiatura) e ha fatto il suo esordio coraggioso con la trasposizione cinematografica del romanzo di Elena Ferrante La figlia oscura scritto nel 2006.
È sempre difficile il passaggio da un medium a un altro specie quando, come in questo caso, non ci sono reali accadimenti da narrare, ma sfumate emozioni e difficili situazioni psicologiche da comunicare. Questa è stata dunque la sfida di Gyllanhaal, insieme alle produttrici israeliane Talia Kleinhendler e Osnat Handelsman-Keren di Pie Films.
“The Lost Daughter” – titolo originale del film – è stato premiato a Venezia per la miglior sceneggiatura (Premio Osella 2021 a Maggie Gyllanhaal) e ha ottenuto varie nomination agli Oscar 2022. Il film si regge tutto sulla bravura mostruosa di Olivia Colman che ha un volto dalle mille espressioni e riesce veramente a trasmettere tutte le sue sensazioni.
Olivia Colman – premio Oscar 2019 e Coppa Volpi per l’interpretazione della regina Anna ne “La Favorita” – è Leda Caruso, una docente universitaria di Letteratura comparata a Boston, in vacanza in Grecia, dove si ritrova finalmente a vivere la sua libertà. Le figlie, ormai ventenni, sono andate a stare dal padre in Canada.
Leda in spiaggia è infastidita dall’arrivo di un gruppo di americani del Queens di origini greche, piuttosto rumorosi e pacchiani. Nella composita compagine nota una bellissima madre ventenne con una bambina. Scoprirà chiamarsi Nina (interpretata da Dakota Johnson), ne è incuriosita e la osserva con attenzione.
Il rapporto tra Nina e sua figlia proietta Leda in una serie di flashback, in cui lei, giovane madre (Leda giovane è interpretata da Jessie Buckley) di due bambine capricciose, lotta con stessa per non essere sopraffatta dal ruolo, tentando disperatamente di portare avanti i suoi studi accademici. Raramente la letteratura e il cinema affrontano il tema dei sentimenti conflittuali di una madre verso le proprie figlie proprio perché suscitano una reazione di condanna e/o di rifiuto, eppure tutte le mamme parlano di crisi post partum, senza mai specificare quando venga superata.
Una serie di piccoli eventi – non si trova la bambina in spiaggia, si perde la bambola della piccola ecc. – fa in modo da coinvolgere Leda sempre più nella famiglia rumorosa, che si identifica sempre più nella giovane madre desiderosa di libertà, soffocata dalla bimba richiedente e schiacciata da un marito equivoco e possessivo.
La co-protagonista del film è la splendida location: siamo in Grecia sull’isola di Spetses nel Golfo di Saronico. La spiaggia più frequentata è quella di Agia Paraskevi, con una bella costa di sabbia finissima e una fresca pineta. Certamente il panorama nel film è molto più suggestivo della spiaggia sulla costa jonica, peraltro poco descritta, della Ferrante.
“La figlia oscura” intervalla continuamente flashback al racconto, facendo diventare il film un po’ troppo lungo e spezzettato. Non mi ricordo che nel libro il passato fosse così ingombrante, ma sicuramente quando i pensieri si concretizzano in immagini acquistano una maggiore rilevanza. Intervistata Elena Ferrante osserva che la trasposizione in pellicola deve saper creare “altro” e così ha scritto: «A chi ha saputo riconoscere il gran lavoro di Maggie va tutta la mia gratitudine. Lei ha dovuto scucire la veste letteraria che, quasi venti anni fa, ho cucito addosso con grande apprensione a una vicenda che mi pareva difficile da raccontare. Ero preparata, devo dire, all’idea che, di fronte alla materia nuda del racconto – non la gioia, ma il peso della maternità nella vita di una donna, – Maggie si sarebbe spaventata e avrebbe accantonato il progetto. Invece no. Con grande abilità, ha dato alla mia storia un nuovo vestito apposta per il cinema. L’ha disegnato con la sua esperienza, la sua cultura, il suo sentimento. Questo abito che ha reinventato mi è piaciuto moltissimo. Ormai è pienamente suo, le sta benissimo. E sono felice che sia piaciuto anche a voi. Grazie ancora, grazie, grazie.»