nella sua introduzione alla “Cura maltrattata”, incontro alla Casa Internazionale delle donne di Roma tenuto il 23 marzo, riferendosi al Covid 19 e alla guerra che guardiamo tutti i giorni all’ora dei pasti, che tortura le vite ucraine e del Globo. Ma è anche pace se la si accoglie. Quella pace che non riusciamo a intravedere proprio perché la Cura è Maltrattata. Si ignora la sua visione femminile. Spopola la cura della forza e delle armi. Maschile. Maltrattata qualifica in modo fulminante la cura dal punto di vista delle donne. Una specie di allarme.
Ma se ci penso sappiamo che è sempre stata maltrattata. Il Gruppo del mercoledì, che ha organizzato l’incontro, per affermarla nella sua unicità femminile, nell’ottobre 2011, ha scritto il testo “La cura del vivere”. E poi l’ha proposta a tutto il femminismo in una grande riunione a Milano.
Una sua definizione strutturale era che c’è un “RESTO” che le donne mettono nel farla. Sconosciuto alla “democrazia” maschile e non replicabile nei servizi pubblici. Quel resto era ed è la relazione al femminile. Un modello di vita politico della democrazia delle donne, che spinge a intervenire anche sui particolari di chi ti vive intorno, perché nutrono la vita. Un resto che per me ha rivoluzionato l’idea neutra della cura.
Qualcosa di profondo remava contro la cura nel femminismo e nelle parole delle donne dei partiti. Una definizione di quel tempo era che la cura la possono fare anche gli uomini. Le donne la chiamavano “lavoro di cura”. Al maschile, come nelle fabbriche e nella burocrazia. E c’era anche l’idea di tanti soffitti di cristallo costruiti dagli uomini da sfondare per noi ma ora, visti ora alla luce di quel resto, mi sembrano inutili. Forse li devono sfondare gli uomini sulla cura. La cura malvista dalle donne per mancanza di considerazione maschile non ha convinto gli uomini a farla propria. La stracitano svuotata del nostro senso della vita.
Quel resto chiamato “collante” ha un corpo particolare, sottovalutato, proprio per la sua differente capacità sulla vita. Per questo ho l’idea che vada ancorato in profondità nel corpo femminile per cercarne la complessità originale. Per rendere ineludibile il suo differente valore politico. Pare non sia bastato l’elenco delle azioni che noi compiamo per curare se abbiamo sentito il bisogno di dichiararla maltrattata 10 anni dopo.
Riconoscere il corpo femminile per capire da dove deriva quel prezioso resto vuol dire riconoscere il suo mistero: il mistero della vita. Che lo si accolga o meno. Dargli quel valore fondante che è stato deformato da molti uomini, ma anche da tante donne che li rincorrono. Un mistero maltrattato per il suo potere e la sua forza, che spaventa il maschile e opprime le donne che faticano ad ancorarsi alla loro “anima corporea”. Così ha chiamato il nostro corpo Antonietta Potente discutendo il libro “Il piacere femminile è clitorideo” di Maria Milagros Rivera Garretas.
Il concepimento è un mistero comune, ma quello di creare la vita è un mistero solo femminile. Il nostro corpo comincia a modificarci dal concepimento: ci insegna l’attesa e la grazia dell’incontro con la gravidanza, insieme allo spazio nuovo da creare per la vita dentro e fuori di noi. Creiamo il tempo dell’umanità. E chi l’ha provato lo sa, ma anche chi non l’ha provato se vuole vedere.
Lì a mio avviso si incarna il resto della cura femminile. Un inizio che dobbiamo riconoscere alla nostra politica. Perché non ci tolgano il nome di donna e perché non venga attribuito a chiunque banalizzandoci nel nostro mistero. E perché non si pensi che la cura l’ha inventata Don Milani. Così mi è sembrato sentendo un medico parlare della cura all’incontro. Siamo noi le sapienti della vita e della sua cura, da millenni.
E finalmente l’ha vista anche un Papa, un uomo differente. Papa Francesco il primo gennaio del 2020 ha fatto un’omelia sul Grembo di Maria che giorno dopo giorno ha dato corpo al Figlio di Dio. Una novità maschile ed ecclesiastica a cui non eravamo abituati sul grembo femminile. Se pensiamo al simbolico della storia dell’arte, dove il bambino è sempre già nato in braccio alla Madonna se togliamo la Madonna del parto di Piero della Francesca. Riconoscerlo a Maria è stato come riconoscerlo finalmente a tutte noi. E a Maria Francesco nel testo ha riconosciuto l’inizio della Rivoluzione della tenerezza. Una rivoluzione che vede finalmente il nostro mistero. E non si pensi che Maria sia stata una sprovveduta con la tenerezza. E’ la nostra, di tutte noi che ogni volta che partoriamo speriamo sia l’inizio di un mondo migliore. Cosa che spesso non accade per disimpegno dei padri. E questo ci richiede un lavoro sul resto altissimo, ma qualificatissimo per curare la vita dai mali della politica maschile.
E’ proprio vero: “cura e conflitto sono legati”. Lo ha detto Fulvia Bandoli