E mentre i contagi raggiungono numeri stratosferici; gli ospedali sono strapieni (ma resta sconosciuta l’assistenza a casa, il presidio sanitario territoriale); non si contano quarantene e positivi; i no vax per punizione andranno a piedi (no bus, no metro, forse no tavola elettrica) con cilicio aggiunto e autoflagellazione, lievita l’ansia da “non c’è salvezza”.
Vedere le file di macchine per il tampone molecolare bloccare l’autostrada; sapere che in farmacia chi cerca la cardioaspirina spalleggia il non vaccinato, l’ossessivo al quale non bastano tre dosi perché ha sentito di un Tale negativo la sera e positivo la mattina dopo, chi vuole festeggiare il 31 in sicurezza (ma i falsi negativi o positivi, sono il trenta per cento dei tamponi rapidi e uno su due di quelli fai da te), fa crescere la paranoia da autotutela.
Accanto al virus, in posizione seconda nella mente dei più, ma con lo stesso risalto sui media, compare la questione della Presidenza della Repubblica.
Il popolo scenderà in piazza se arriva Berlusconi? Come si spiega il silenzio di Renzi e quale scompaginamento stia meditando?
Compaiono i grafici del “chi sale, chi scende”; le raccomandazioni a non bruciare, nominandolo, il pluricandidato; le previsioni, le discese ardite e le risalite, i troppo vecchi e i troppo giovani; gli usurati e gli spompati; le riserve della Repubblica e i padri – i nonni – della patria.
Serpeggia il “ci vuole la donna”. Massimo D’Alema per il quale è il momento di eleggerla e Giuseppe Conte che la vedrebbe bene al Quirinale. La chiedono le parlamentari, le rappresentanti delle istituzioni, le sindacaliste, le femministe. E il super-esperto di dinamiche parlamentari Roberto Calderoli ha una certezza: se l’elezione avverrà entro le prime 4 votazioni sarà un maschio, dalla quinta aspettiamoci una femmina… Ci si deve accontentare?
Il manifesto ha pubblicato (giovedì 30 dicembre) un ricco dossier di voci tutte di donne, per raccontare un altro tempo: il vero “sesso forte” già lo agisce, nelle fabbriche, scuole, laboratori di ricerca, Ong che si occupano degli ultimi e degli invisibili. Persino al vertice di capitali europee. Perché non sul più alto Colle?
Caramia sì che sarebbe bello. Non per omaggio alla parità che di lavorare alle presse, in galleria, all’asportazione di amianto, non ci tengono né maschi né femmine né queer né trans.
E non una donna purchessia giacché il ragionamento sulla Presidente va legato alla persona e mica a una trumpista dai boccoloni attorcigliati del tipo Merryl Streep, la Janie Orlean di “Don’t look up”. Dal momento che la differenza – nonostante tutto – esiste e può produrre mutamento, non dovrebbe adattarsi al modello che per secoli le è stato cucito addosso.
Questo non significa immaginarsela con lo scolapasta in testa o gli occhiali alla Iris Apfel ma neppure che sia troppo rispettosa delle forme di potere assunte in questo secolo (e nei precedenti). “Autorità senza potere” dicevano le amiche della Libreria delle donne di Milano.
Naturalmente, affinché non si ripeta il classico sogno da zitelle fantasiose, bisogna ammettere che, per eleggere Una presidente della Repubblica, il consenso dei partiti è indispensabile.
In fondo, la guerra dei sessi trova un terreno fertile in Parlamento oltre che negli scontri armati, nella distribuzione della ricchezza, nella fatica quotidiana, nella rappresentazione mediatica del femminile.
Ma da organizzazioni politiche vacillanti, indebolite, in cerca di idee, ci si aspetta un simile colpo d’ala? Bé questa è una domanda da rivolgere al sesso maschile che nei partiti rappresenta la parte prevalente. E che ha perso “il ruolo da protagonista” (Carla Lonzi) per via degli scombussolamenti famigliari, della libertà femminile, delle scelte sessuali, dell’I-Phone e di Facebook.
Certo, dopo settant’anni non fa un bell’effetto che tutto resti dentro la logica maschile. Una donna là dove non è mai stata (e dove molti non vorrebbero che fosse) avrebbe il pregio di togliere un po’ di grigio al 2022.