MATERNAL – Film di Maura Delpero. Con Lidiya Liberman, Augustina Malale, Denise Carrizo, Isabella Cilia, Alan Rivas, Renata Palminiello, Marta Lubos, Livia Fernàn, Italia/Argentina 2019.
In “Maternal” siamo a Buenos Aires in una casa famiglia di suore, che lì viene chiamata hogar, destinata a ragazze-madri di bassa estrazione sociale accolte con i loro bambini.
Luciana (interpretata da Augustina Malale,) e Fatima (interpretata da Denise Carrizo) pur giovanissime sono già madri rispettivamente di Nina (recitata dalla bravissima Isabella Cilia) e di Michael (interpretato da Alan Rivas) e vivono in questa casa d’accoglienza con varie altre ragazze poco più che adolescenti, e i loro neonati.
Luciana è una ragazza irrequieta, esuberante, insofferente delle regole, prototipo di un genere di ragazza che pensa solo al proprio corpo: smalti, rossetti, depilazione delle gambe con lo scotch ecc., tutte cure subordinate al fine ultimo di piacere agli uomini. È rozza, immediata, diretta, ma è autentica anche quando si relaziona con la figlia. Luciana cerca sempre una via di fuga, di uscire, di scappare e spesso, quando viene scoperta, è segregata in casa per punizione.
Fatima – incinta per la seconda volta – al contrario è più introversa, taciturna, leggermente malinconica. Non è chiaro cosa le passi per la testa, l’unica cosa che si sa di lei è che deve aver avuto un difficile rapporto con la madre di cui, ciononostante, mantiene appesa una foto nel suo squallido letto a castello.
Le due sono amiche, Luciana tende a sfruttare Fatima, le chiede sempre soldi in prestito e le molla sempre la figlia con la scusa che è amica del suo. In fondo le due si vogliono bene, al di là delle misere condizioni in cui vivono dividendo la stanza tra loro e con i rispettivi figli.
Quello che mi ha colpito in questo ambiente è una sorta di assenza/presenza della religione. Le suore pregano continuamente, cantano, ma sembra non esistere nessun rapporto con gli insegnamenti della religione, talvolta sembrano essere più spettatrici delle peripezie delle ragazze, che educatrici. Con i bambini invece usano un metodo giocoso per spiegare alcuni principi (difficili) della fede cattolica. Così sembra essere fuori contesto la spiegazione della Sacra Famiglia e di cosa sia un padre adottivo a un gruppo di ragazzini che faticano a capire perfino cosa sia un padre biologico.
Nelle maglie delle assenze affettive si introduce suor Paola (interpretata da Lidiya Liberman), giovane novizia venuta dall’Italia molto attratta da Nina e verso la quale ha un rapporto materno quasi morboso.
Il desiderio di fisicità è molto forte nelle giovani donne che siano ragazze madri un po’ trucide o novizie in attesa dei voti: è quello che mostra il film. Maternità o sensualità?
Suor Paola esprime bene questa ambiguità. Maura Delpero descrive con grande attenzione, la quotidianità dei gesti e il movimento dei corpi di due donne diverse mediante gli immacolati abiti da suora versus i deodoranti spruzzati nella biancheria intima.
“Maternal” è un film statico, girato nell’unico ambiente della casa famiglia. Le tre attrici principali sono molto brave. La regista riesce a trasmettere il senso di mancanza di prospettiva e di progettualità che hanno queste ragazze diventate madri troppo presto senza aver avuto la possibilità di crescere.
Così racconta la regista in una intervista: «La genesi è stata il desiderio di fare un film sulla maternità, una tematica che mi chiamava personalmente e non trovavo rappresentata al cinema nella sua complessità. Qualcosa che non si stava raccontando, per un tabù delle nostre società latine in cui le donne faticano a confessare il fatto di avere un rapporto complesso con la maternità, meraviglioso ma a volte anche tremendo, con grandi contraddizioni. C’è una tendenza ad occultarlo per paura del giudizio, di non essere considerate delle brave madri e questo lascia le donne in una grande solitudine… Ho fatto poi, come mia abitudine, moltissime ricerche e sono andata a lavorare in un hogar… Mi piacevano per la loro dimensione collettiva in cui vivevano insieme queste adolescenti, come sorelle. In uno di questi hogar religiosi ho assistito alla relazione delle suore con la maternità, e mi sono resa conto come lì ci fosse, nell’assenza, un’altra maternità estrema e che la convivenza di queste due realtà fosse molto interessante da indagare».
La regista bolzanina aveva già girato un documentario e un mediometraggio. Qui è alla sua prima vera regia dopo che la sua sceneggiatura era stata tra le dieci selezionate per la Script Station della Berlinale 2015. Il film è stato presentato in concorso al 72mo Locarno Film Festival del 2019 ottenendo anche una menzione speciale.