Una delle opere esposte a Villa Borghese
Il lavoro di Renata Rampazzi esposto al museo Bilotti di Villa Borghese a Roma fino al gennaio 2021 è un colpo al cuore e al cervello.
Il famoso dipinto di Courbet su L’origine del mondo ha affascinato il mondo maschile fino a Jacques Lacan (che forse per questo ha cancellato le donne dal linguaggio) ponendolo di fronte alla potenza del proprio desiderio. Così le damigelle di Picasso che attiravano gli sguardi impudichi dal loro bordello di Avignon (non una città ma una strada postribolare di Barcellona) ed altri esempi fino al Grande vetro di Duchamp che rappresenta l’equivoca fascinazione della sposa. E – soprattutto – il Dirty Corner, il tunnel rosso ruggine che Anish Kapoor ha voluto esporre a Versailles, e che per tutti è subito diventata la “vagina della regina”…eh sì perché Kapoor ha realizzato in qualche modo uno speculum, una scultura di “questo sesso che non è un sesso” e coinvolge lo spettatore direttamente dentro l’opera.
Si dice che André Le Notre abbia ideato il sistema prospettico dei giardini di Versailles a partire dal letto di Luigi XIV. E in fondo le opere dedicate alla rappresentazione del sesso femminile – da Olympia di Manet fino alle vagine (ben due) di Kapoor hanno – a ben guardare – tutte la stessa funzione: dirigere lo sguardo su tutto ciò che accade sotto la cintura…
Renata Rampazzi non fa questo. Al contrario. La sua opera, la pittura e la stessa bellissima istallazione che conclude il suo viaggio nella scoperta del dolore femminile, ci portano dentro “l’origine del mondo”. Ed è un viaggio misterico, una sorta di iniziazione che induce al silenzio. È per questo che mi sono permessa di bisbigliare appena queste poche parole. Di ammirazione e gratitudine.
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