MATTHIAS & MAXIME- Film di Xavier Dolan. Con Gabriel D’Almeida Freitas, Xavier Dolan, Anne Dorval, Antoine Pilon, Catherine Brunet, Harris Dickinson, Micheline Bernard, Pier-Luc Funk, Canada 2019. Fotografia di André Turpin –
Il film “Matthias & Maxime” è in linea con due precedenti successi di Xavier Dolan. Considerato l’enfant prodige del cinema canadese, Dolan si era fatto notare a Cannes nel 2009 dove, a soli vent’anni, aveva presentato il suo primo lungometraggio “J’ai tué ma mère” di cui aveva scritto anche la sceneggiatura. Nel 2014 poi, si è aggiudicato il Premio della giuria alla 67ma edizione del Festival di Cannes per il film “Mommy” mentre, allo stesso Festival due anni dopo, ha vinto il Grand Prix con “È solo la fine del mondo”.
Le tematiche da lui trattate sono più o meno le stesse: la difficoltà dei rapporti familiari e in particolare il rapporto problematico e ossessivo con la propria madre, in cui talvolta si scambiano i ruoli dell’accudente e dell’accudito. Inoltre, la difficoltà di accettazione della propria identità sessuale sia da parte degli altri, sia da parte di se stessi. In quest’ultimo film, ad esempio, non è solo il riconoscersi omosessuale che porta i protagonisti a comportarsi in modo ambiguo, è in gioco di più e cioè l’importanza del senso dell’amicizia e la possibilità dell’esistenza di un vero amore sbocciato fin nei primi passi dell’infanzia. Quella tra Matthias e Maxime, dunque, è una storia d’amore tra amici, ma è anche il racconto di quanto sia, a tutt’oggi, fondamentale e importante, il contatto umano.
Matt e Max sono infatti due amici cresciuti insieme a Montreal. Andati insieme a scuola frequentano lo stesso gruppetto di ragazzi: Rivette, Brass, Shariff, le sorelle e le mamme. Dolan mostra piuttosto bene le modalità dello stare insieme dei giovani, che peraltro sono quelle antiche di mezzo secolo prima, condite con alcool e qualche droga leggera.
I due amici sono completamente diversi, Matt viene da una famiglia più borghese, studia da avvocato, avrà successo con le donne e nel lavoro. È leggermente scontroso, un po’ rigido e corregge tutti nel linguaggio: «Accendo la torta?» e Matt ribatte: «Vuoi dire accendo le candeline della torta?». Ha una madre affettuosa e un po’ invadente, mentre Max sembra essere un bravo ragazzo affettuoso che si arrangia a fare il barista. Si occupa inoltre di una madre ubriacona e spendacciona di cui ha ottenuto la tutela, ed è in procinto di partire per due anni in Australia, non è chiaro a fare che. Probabilmente vuole fuggire da una vita che non lo soddisfa, dalle difficoltà quotidiane di avere a che fare con una madre ciclotimica e manipolante, senza l’aiuto di un fratello che vive a New Haven e che, forse proprio per la sua assenza, sembra esser il figlio preferito.
In una riunione del gruppo di amici, Matthias e Maxime si ritrovano a sostituire due attori in un corto amatoriale che sta girando la sorella di Rivette e che richiede che si scambino un bacio. All’inizio sono reticenti poi accettano la parte, e si scoprirà che questo bacio ha toccato profondamente i loro animi rivelando desideri repressi probabilmente per anni. Il film, dunque, mostra gli umori e i sentimenti contrastanti nel paio di settimane che restano prima della partenza per l’Australia.
In “Matthias & Maxime” Xavier Dolan si cimenta anche come attore nella parte di Max, segnato da un angioma sulla guancia destra quasi una lacrima che, da un lato, lo differenzia dagli altri ragazzi, dall’altro, lo denota come un Pierrot triste.
In un momento determinante del film il formato cambia, si allarga e da 35 mm passa a 65. Dura poco, giusto il tempo del bacio che è appena accennato, con delicatezza. La carica erotica è forte e serpeggia per tutto il film, anche se non ci sono quasi per niente scene di sesso, più alluse che descritte.
“Matthias & Maxime” è girato con uno stile espressivo preciso e distinto, che si conferma in ogni fotogramma. È un modo molto dettagliato sia nella colonna sonora (legato a uno stile synth anni Ottanta nella scelta musicale) sia nei movimenti di camera, con una maniera tipica nel passare dal buio al colore, mentre lo spostamento è spesso rappresentato in modo simbolico come l’inquadratura delle doppie strisce centrali della strada che denotano il cammino percorso.
L’unico vero difetto che riscontro in questo film è che Dolan si è fatto un po’ prendere la mano verso la fine in cui lentezze e ripetizioni potevano benissimo essere evitate.