“Lo “spirito del tempo” si esprime nel tentativo di tornare al passato: alla restaurazione del vecchio ordine “naturale” dove il posto della donna la sua sessualità sono assegnati in partenza, alla famiglia patriarcale, come baluardo maschile contro la libertà delle donne, al nazionalismo, come clava contro i/le migranti, alle identità “naturali” contro le persone sessualmente “non conformi”, quasi che la nostra epoca provasse repulsione di sé.
Gli autoritarismi delle destre in Europa, si coniugano ai sovranismi di Trump, Bolsonaro, Pinera. Anche la Cina dell’imperiale “via della seta” sembra ormai votata all’espansione di un mercato senza diritti. Un’ espansione che è messa a dura prova dall’emergenza del coronavirus. Con un sistema di potere autoritario, che in assenza di media liberi e di partiti di opposizione, fatica a ricevere informazioni accurate e soprattutto a trasmetterle tempestivamente alla popolazione…”
Così scrivevano le femministe del Gruppo del Mercoledì di Roma nel febbraio scorso – la pandemia non era ancora stata dichiarata tale e l’Italia conduceva la sua vita “normale” – in un testo intitolato Andare e tornare: dall’io al noi, dal noi all’io ( qui la versione integrale). Quello scritto, proposto alla discussione pubblica, analizzava uno stato dell’Italia e del mondo attraversato da lotte e proteste, e dal protagonismo inquietante delle destre sovraniste, scorgendo alternative nel dispiegarsi di diversi movimenti , e soprattutto dell’iniziativa del femminismo, peraltro attraversato da conflitti e da un dibattito acceso su numerosi punti: dalla prostituzione alla Gpa, al senso del rapporto tra le teorie del “gender” e il pensiero della differenza sessuale.
Quel testo – in 15 punti – si chiudeva con queste considerazioni:
“14 – Per nominare e modificare la realtà, bisogna avere coscienza del limite: delle risorse, del progresso ad ogni costo, delle tecnologie e della scienza, dell’affermazione di sé narcisistica e ego-centrata; di quel paradigma economico per cui ogni anno muoiono due milioni di persone per la subordinazione delle vite alla competitività delle imprese.
A noi interessa la pratica del prendersi cura, come ascolto e come sguardo attento al modo di stare insieme per imparare a riconoscere la ricchezza delle differenze. E perché sarebbe la risposta più efficace in grado di contrastare l’ingiustizia sociale dando valore ai legami di cura.
15. Ci vuole coscienza del limite – che sia il proprio, l’altrui, quello dell’ambiente in cui viviamo o della cultura in cui siamo cresciute – non come confine invalicabile, ma come possibilità di attraversamento e contiguità, nominando fragilità e paure, conflitti e responsabilità. Questo significa uscire da se stesse perché si ha curiosità delle altre e degli altri e perché scopriamo di esistere grazie alle altre, agli altri. Dunque, partire da se stesse ma per tessere relazioni.
Spostarsi dall’io al noi e dal noi all’io perché solo così saremo in grado di capire il cambiamento per orientarlo, per non subirlo passivamente, ma per aprire all’inatteso”.
Analisi, domande, indicazioni, che restano valide nel mondo “dopo” e “durante” la pandemia?
Le autrici promuovono una occasione di incontro e di scambio:
Lunedì 13 Luglio, alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, alle 18,30, in Via San Francesco di Sales.
Ne discutono: Rossella Muroni, Barbara Bonomi Romagnoli, Marina Montanelli, Maura Cossutta.
Prenotazione obbligatoria mail: [email protected]