Non tornerò sulla infelice battuta di Amadeus a proposito di una donna stimabile perché sapeva rimanere “un passo indietro” al suo famoso compagno. Il presentatore si è scusato. E questo è un segno dei tempi. Semmai direi che il “Festival delle donne” ha offerto di più il protagonismo maschile dei “fratelli” che si sono coccolati (“Ama” e Fiorello), che hanno litigato per poi sbaciucchiarsi affettuosamente (Fiorello e Tiziano Ferro) o che hanno rotto clamorosamente facendosi espellere per grave fallo (Morgan e Bugo).
Ma alcuni di questi uomini (da Pelù a Achille Lauro, a Tiziano Ferro) hanno anche sentito il bisogno di dire o fare qualcosa per non rimuovere la violenza maschile contro le donne su cui il Festival si è aperto con il monologo di Rula Jebreal.
Un testo che testimonia i molti “passi avanti” fatti dalle donne in questo momento della storia. Del resto – non so se per caso – la canzone che ha vinto sembra rispondere alla frase della Jebreal – “vogliamo essere libere nello spazio e nel tempo, essere silenzio e rumore e musica” – quando insiste sul “rumore” che viene dall’amata distante. Diodato canta che non sa se gli “fa bene” e gli “conviene”, se riesce a sopportarlo. Ma conclude che di quel “bellissimo rumore” non può fare a meno.
Per noi maschi non è semplice camminare consapevolmente incontro allo strepito che fa oggi la libertà femminile. Accostarsi per intenderne la musica. Che potrebbe giovare anche noi, se imparassimo a ascoltare di più le altre, gli altri e noi stessi. E a metterlo in parole. Forse bisogna ricominciare da piccoli.
Voglio ricordare una donna scomparsa improvvisamente e prematuramente nei giorni scorsi, conosciuta a Salerno proprio nell’ambito di un progetto – ne ho scritto altre volte – che ha coinvolto per 4 anni ragazzi e ragazze delle scuole, dalla quinta elementare in poi, per affermare – direbbero amiche femministe – un senso libero della differenza sessuale.
Flavia Garofalo, sociologa, curatrice della biblioteca universitaria, artista, ha scritto sul volume che documenta questa esperienza (Conoscere, formare per cambiare, pubblicato dall’associazione “In movimento”) un testo intitolato: Allargare gli orizzonti: tre passi in salita. È un lineare commento a alcuni questionari riempiti da studenti e studentesse sulla percezione di sé e del mondo. Che contiene considerazioni importanti su che cosa sia l’educazione, come questa: “…siamo partiti dal principio che l’educazione non è omologazione, non è manipolazione delle coscienze, non è un “travaso”, piuttosto è un percorso da fare insieme in cui ciascuno entra con il proprio modo di essere e di pensare, con il proprio linguaggio e le proprie radici e impara a conoscere la personalità, i pensieri, il linguaggio, le radici di chi gli sta accanto…”.
Le ragazze pensano di essere brave nella musica, nel canto e nella danza, mentre i ragazzi mettono in cima lo sport e i buoni risultati scolastici. Maschi e femmine poi temono insieme la propria timidezza, e si differenziano di nuovo i primi per sentirsi troppo pigri, le seconde troppo permalose e ansiose…
Flavia osserva come alcune certezze stereotipate manifestate dagli stessi giovani in quinta elementare, oggi abbiano lasciato il posto a maggiore consapevolezza di sé, considerazione degli altri, attenzione alle modalità di relazione, voglia di migliorare ma senza tradire la propria identità, insidiata dalle convenzioni dominanti.
Vorrei che l’intelligenza e la passione di Flavia (ricordata a Salerno dalle amiche, come Lella Marinucci, dall’Assemblea permanente delle donne, dal mondo universitario) restassero con noi per fare il cambiamento che desideriamo.