JOKER – Film di Todd Phillips. Con Joaquin Phoenix, Robert De Niro, Zaxie Beetz, Frances Conroy, Bill Camp, US 2019. Musiche di Hildur Guonadottir, fotografia di Lawrence Sher, costumi di Mark Bridges –
Joker è il personaggio malvagio del fumetto Batman, l’acerrimo nemico di Bruce Wayne in Gotham City, che gira travestito da clown e ha un eterno agghiacciante sorriso.
Ma chi era costui? Come mai è diventato un perfido e violento assassino che sembra odiare tutto il mondo? Questa è la domanda che si è posto il regista Todd Phillips – che scrive la sceneggiatura con Scott Silver – e che ce lo propone come un personaggio intriso di rabbia e desiderio di vendetta, diventato così per reazione a reiterati soprusi, a sevizie infantili, a sofferenze patologiche e alle ingiustizie sociali.
Nel narrarci la sua storia di trasformazione da Arthur Fleck in Joker, il regista ci fa empatizzare con lui, fa si che ci ispiri tenerezza e, immedesimandosi in lui arriva quasi a giustificarne le azioni.
Arthur, infatti, è un bravo ragazzo con qualche difficoltà neurologica, che vive con la madre malata di cui si prende cura. Non ha mai conosciuto il padre ma, leggendo una lettera della madre che dovrebbe imbucare, inizia ad avere il sospetto di essere figlio naturale del ricco imprenditore Wayne, nella cui azienda la madre ha lavorato per tanti anni. Arthur guadagna facendo pubblicità per le strade vestito da clown in attesa di diventare un vero commediante, fa ridere i bambini, danza e volteggia con leggiadria.
Spesso soccombe ad atti di bullismo, i ragazzi cattivi talvolta gli rubano i manifesti e lo picchiano in gruppo. Man mano che si va avanti vediamo Arthur, cui cresce la frustrazione per l’impossibilità a reagire e aumenta la rabbia, una volta che un amico gli passa una pistola per difesa personale, non riuscirà più a frenarsi nel farsi giustizia da solo.
Ciò che spinge Arthur a mutarsi in Joker, quindi, è un evidente problema sociale di emarginazione e autoemarginazione. Un piccolo esempio di solidarietà tra diversi: «Sei l’unico che mi ha sempre trattato bene» dice Arthur al nano, graziandolo.
L’angoscia di aver ucciso man mano si trasforma e viene sostituita dal senso di potere della violenza che lo porta a superare ampiamente i limiti della vendetta, fino a provare piacere nell’uccidere.
Come se non bastasse la sua ribellione diventa simbolica e trascinatrice e finirà per coinvolgere tutti i reietti di Gotham City, che mascherati da clown si ribelleranno allo status quo e al capitalismo impersonato dall’imprenditore Wayne (il padre del piccolo Bruce) che si apprestava a diventare il nuovo Sindaco.
Gotham City è rappresentata caotica, sporca, ed è decisamente quella di Batman, che fa comunque riferimento a una New York in totale declino.
Ci sono livelli interpretativi diversi del film, da quello politico-sociale a quello iper-visivo fumettistico e cinefilo. Nel film troviamo dunque molte spiegazioni per i ragazzi che compiono le stragi negli Stati Uniti – violenze e ingiustizie sociali soprattutto. Ma troviamo anche un’implicita denuncia sulla facilità di generare violenza solo nel possedere un’arma, e che sembra che gli americani – specialmente gli attuali i capi e chi li vota – ancora non ne siano convinti.
Espliciti sono i riferimenti ad alcuni “cattivi” del cinema. Il protagonista ricorda in maniera palese Travis, il disadattato reduce del Vietnam di “Taxi driver” di Scorsese di quarantatrè anni fa, specialmente nelle scene solitarie o allo specchio. Del resto la presenza di Robert De Niro, che interpreta il conduttore narcisista Murray Franklin, è di per sé un nesso simbolico. Ma c’è anche spazio per ricordare “Re per una Notte”, un altro film di Scorsese del 1983.
Si possono trovare anche i riferimenti a Stanley Kubrick di “Arancia meccanica” del 1971, nella violenza perpetrata in maschera e di “Shining” del 1980, nelle riprese simmetriche lungo i corridoi.
Oltre, naturalmente al The Killing Joke, storia a fumetti scritta da di Alan Moore e disegnata da Brian Bolland (per le origini di aspirante comico fallito), e a una certa scena de “Il ritorno del cavaliere oscuro” di Frank Miller, sia pur con una sostanziale differenza.
Un omaggio dunque al cinema dei cattivi, dei violenti, dei frustrati. Il Joker di Phillips è un Giustiziere della Notte con la risata incontrollata, e così è visto dalla parte di Gotham che, come dice il notiziario, ha ratti giganti e che si sente anch’essa lasciata fuori dalla società dei ricchi e dei potenti.
“Joker” è un film diametralmente opposto al cinecomic, è avvincente, ha un bel ritmo e belle musiche (tra cui “Ridi Pagliaccio” di Leoncavallo oppure “I don’t like Mondays”), e lo si vede tutto d’un fiato quasi trattenendo il respiro. Inoltre, presenta l’interpretazione sublime di Joaquin Phoenix, che parte sicuramente in pole position per il prossimo Oscar. Il film al Festival di Venezia 2019 ha già vinto il Leone d’oro.