Donne in prima fila nelle manifestazioni in Algeria contro la ricandidatura del presidente Bouteflika. Anche loro chiedono democrazia. I nostri media si meravigliano, annotano, sottolineano. D’improvviso, la primavera algerina ha vinto, il presidente si arrende, niente quinto mandato, rinvio delle presidenziali.
Al contrario, i nostri media non segnalano la presenza femminile per l’8 Marzo in quaranta città italiane. Bocche cucite (metaforicamente, s’intende). Nessuna curiosità di capire, di leggere di cosa sia il sintomo questa “marea”.
C’è una svalutazione da parte dell’informazione dei corpi femminili e degli LGBTQI+ . I bravi giornalisti/giornaliste scavalcano questi corpi: in fondo al cuore gli sembrano un affronto al patriarcato perché minacciano di uscire dai cardini?
Scena diversa, questa volta in tribunale. Annullata dalla Cassazione (e adesso il Ministero di Giustizia manda gli ispettori) la sentenza con cui la Corte d’Appello di Ancona aveva assolto due giovani condannati in primo grado per violenza sessuale.
Nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici, tre donne, scrivevano che la vittima – “scaltra peruviana” – era troppo mascolina e poco avvenente per incarnare un oggetto di attrazione.
Ma nella violenza sessuale c’è davvero di mezzo il desiderio o non, piuttosto, la volontà di umiliare, impossessarsi, vendicarsi con uno straccio di potere fisico del potere che lo stupratore sente di non avere?
Le tre magistrate hanno usato un criterio che con la legge non c’entra proprio. Piuttosto, riproduce quel luogo comune del “ma chi se la piglia?” usato nei tempi in cui Berta filava oppure dell’avanspettacolo quando tra doppi sensi e sogni si cantava “Laggiù, a Copacabana/la donna è regina/la donna è sovrana”.
Altra scena ancora. Infine, sul possibile stupro di una ragazza alla Stazione della Circumvesuviana di San Giorgio a Cremano. I tre pare ci avessero già provato venti giorni prima. Assicurando di volersi scusare, ne hanno approfittato per portare a termine l’”eroica impresa”.
A parte il commento del dirigente delle ferrovie: “Doveva scegliere meglio le sue amicizie” e i dubbi sulla ragazza ventiquattrenne e non sugli arrestati (sarebbe stata lei a invitarli per fare sesso), è successo che, dopo una notte passata al commissariato, genitori, parenti e amici abbiano accolto il terzetto con applausi e grida quasi fossero dei prodi combattenti. Chi sono questi padri e queste madri? Ma sì, capisco. Vivono in un territorio disgregato; soffrono di disagi terribili; sono legati a valori arcaici. Tuttavia, quale idea hanno delle donne se non che mentono; che sono loro a sedurre, ad attentare ai loro figli?
Mi rendo conto che è difficile legare episodi così diversi: pigrizia dell’informazione; intrusione degli stereotipi sessisti nel linguaggio della legge; connivenza e dunque complicità famigliare.
Posso comunque ricordare, prima di tutto a me stessa, una serie di fattori: la morale delle destre sdoganata, il machismo revanscista nelle reti sociali, il testosterone e il premio alla virilità da Trump a Bolsonaro. Soprattutto i cambiamenti nei processi sociali e nelle politiche provocano la diffusione di idee capaci di organizzare il risentimento maschile.
E su questo risentimento, entrato nella testa di uomini e di donne (per interposto sesso) c’è molto da riflettere. Perché, spesso, si tratta di un tentativo di rispondere al male con un male equivalente che a sua volta, viene strumentalizzato dalla politica.