VISAGES VILLAGES – Film documentario del 2017, vincitore del premio de L’Oeil d’or di Cannes, diretto da JR, Agnés Varda –
Agnés Varda, una piccola grande novantenne, legata a doppio filo con la Nouvelle Vague e JR, trentatreenne artista di strada, un Bansky “fotograffitaro”. Il sodalizio bizzarro tra la fotografa, regista (Oscar alla carriera), padella di capelli metà bianchi, metà rossi e lo spilungone sotto il cappellino, gli eterni occhiali neri, si celebra con “Visages Villages”.
Non c’è soggetto per questo Road Movie attraverso la Francia ventosa dei campi di lavanda, dalle spiagge della Normandia ai docks di Le Havre, sul magico furgone di JR dove entra l’operaio di un’industria chimica; l’ultima abitante di una strada operaia ormai vuota; le tre dee mogli di portuali e vi depositano la loro storia.
Ci entrano come umanità; ne escono come istantanee in formato gigante di una memoria proletaria, contadina, ritratta in bianco e nero. I manifesti vanno a tappezzare il portone di casa, la saracinesca del negozio, i containers, l’autobotte. Squadernano passato e futuro della figlia di un minatore, del postino, di un allevatore che brucia le corna alle capre perché “sennò si combattono” e lui ci perde soldi; di una allevatrice che rifiuta di fare soldi con le capre e decide che lei alle capre gli lascia le corna.
C’è anche un operaio che andrà in pensione il giorno dopo. “E’ come se fossi sull’orlo di un precipizio e stessi per cadere”. Buono o cattivo sia stato il suo lavoro, adesso non ha più punti di riferimento. Varda lo ascolta: ne coglie lo sguardo stordito nella sua riflessione sul cinema capace di sfuggire alle imposizioni del cinema; sulla fotografia che compare e scompare mangiata dal mare; sullo sguardo velato eppure in grado di acchiappare grazie alla tenerezza la velocità di un incontro.
Le immagini inseguono il ricordo. Varda punzecchia JR; JR provoca Varda. Lei non ha mai voluto fare cinema per il grosso pubblico. Piuttosto da “Cleo dalle 5 alle 7” o “Senza tetto né legge” ha sperimentato una interrogazione sui modi di “comunicare, di commuovere, di sorprendere” puntando il suo sguardo attento sulle donne, le relazioni, gli affetti.
Lo si nota nella visita alla casa di Nathalie Sarraute, al cimitero di venti tombe dove è sepolto Cartier-Bresson e la moglie. Fino all’appuntamento mancato con quell’orso di Godard, e con un tempo irrecuperabile tranne per la ricostruzione della scena di “Bande à part” dove la carrozzella con Varda corre lungo la galleria del Louvre, spinta da JR che si toglierà finalmente gli occhiali neri per consolare l’inconsolabile piccola grande dama del cinema.