Pubblicato sul manifesto il 30 gennaio 2018 –
Ho sempre avuto qualche dubbio sul senso delle “giornate della memoria” di cui il calendario si è via via arricchito, per indurci a non rimuovere una quantità crescente di colpe collettive più o meno tardivamente riconosciute. Tuttavia qualcosa che non dovremmo dimenticare mai, per tutti gli anni a venire, è l’abisso di barbarie in cui il cuore dell’Europa è caduto negli anni ’40 del secolo scorso, al cui fondo c’è la “soluzione finale” decisa dai nazisti nel ’42 per eliminare fisicamente tutti gli ebrei viventi non solo in Germania, ma in tutti i paesi fino ad allora conquistati militarmente.
Domenica sera ho visto in tv (canale 8) il bel vecchio film realizzato per la televisione inglese Conspiracy – Soluzione finale. E’ la cronaca della conferenza tenuta a Wannsee nell’inverno del ’42, dove il generale Reinhard Heydrich, spalleggiato dal colonnello Adolf Eichmann, su mandato di Hitler e di Goering, deve “convincere” gli alti rappresentanti degli apparati militari, politici e amministrativi tedeschi ad attuare il piano di evaquazione, ovvero sterminio, che in realtà non solo è già stato deciso dalle Ss, ma è in via di esecuzione.
I dialoghi – avvenuti in un ricco palazzo affacciato sul lago, tra portate di buon cibo e ottimi vini e liquori – sono basati sul resoconto stenografico della riunione, che doveva restare segreto ed era custodito da Eichmann, organizzatore dell’incontro. Ma una copia fu rintracciata dopo la guerra in un archivio del Reich.
Una storia, dunque, molto poco romanzata.
Certe cose più o meno si conoscono, ma vederle agite da bravi attori come Kenneth Branagh (Heydrich), Stanley Tucci (Eichmann) e Colin Firth (il “giurista” Wilhelm Stuckart) muove emozioni, sentimenti, pensieri imprevisti.
L’elemento “drammatico” a un certo punto, è il contraddittorio tra l’intellettuale Stuckart e il militare Heydrich. Quella del “giurista” è l’unica voce che in qualche modo si oppone, ma in nome di una legge – Stuckart era stato tra gli estensori delle leggi di Norimberga del ’35, tra cui quella “per la protezione del sangue e dell’onore tedeschi” – che sancisce l’inferiorità dei non “ariani”, e ne prescrive comunque l’eliminazione, anche se per progressive sterilizzazioni, piuttosto che con immediate uccisioni.
Da un certo punto di vista questa difesa del “diritto”, anche con l’argomentazione di una maggiore “efficacia” operativa, etica e storica, è persino più raccapricciante della brutalità assassina. Perché parla della corruzione radicale di un modo di pensare che riteneva di possedere fondamenti solidi. Forse solo uno dei partecipanti, il vice capo della Cancelleria del Reich Kritzinger (che al processo di Norimberga disse di vergognarsi per le atrocità del regime), diede mostra di considerare l’umanità degli uomini e delle donne destinati alle camere a gas. Tuttavia – e qui non c’entra la fantasia della sceneggiatura – l’assenso finale fu unanime.
Resta da dire che a monte dell’abisso del razzismo nazista c’erano secoli di antisemitismo in Occidente e decenni di successi “scientifici” dell’eugenetica, parola inventata nel 1883 dall’inglese Sir Francis Galton. Il termine fu considerato a lungo positivamente anche in ambienti “progressisti”: un nome per tutti, il geniale Keynes. Né va dimenticato che pratiche di sterilizzazione di esseri umani considerati “anormali” sono proseguite negli Usa fino agli anni ’60 (così come il divieto di matrimoni misti – tra bianchi e neri – in vari stati americani).
Contro la nascita e la diffusione di idee mostruose, più o meno “scientifiche”, bisogna sempre restare in guardia.