Immaginate la Terra nel futuro, come la si può pensare prendendo sul serio tutti i contemporanei segnali di pericolo e minaccia. Pericoli climatici, prima di tutto, e poi guerre, conflitti, distruzioni. Insomma, una terra post-catastrofe. È in questo mondo, dove gli umani sono costretti a vivere sotto una calotta per proteggersi da un’atmosfera pericolosa e da un sole vecchio e malato, che è ambientato Quando nascesti tu, stella lucente, il romanzo di Nadia Tarantini che così esordisce nella narrativa, genere fantascienza. L’idea è folgorante. Gli abitanti del pianeta hanno trovato il modo, attraverso speciali procedure di ibernazione, di prolungare e ripetere le loro vite, che vengono numerate a ogni risveglio. E dopo secoli, l’anno in cui si svolge la storia del romanzo, è quello in cui si dovrà compiere una scelta decisiva. La diciottesima vita, il titolo originale poi cambiato per decisione editoriale, è quella di una generazione, i trentenni che sono tali attraverso il tempo, che per prima dovrà scegliere, se continuare a mantenere la propria forma e materia biologica, o decidere di trasferire la propria mente in un cubo, assicurandosi l’eternità, ma perdendo il corpo e tutto ciò che dal corpo viene: emozioni, sentimenti, piaceri. Perché, pur prolungandosi nel tempo, gli umani fino a quel momento hanno mantenuto le proprie caratteristiche. L’invecchiamento, la morte sono rallentati, allontanati, ma non cancellati del tutto. La vita ha comunque una fine.
La storia raccontata nelle quattrocento pagine del libro dipana una tessitura complessa seguendo la vita di donne e uomini davanti a questa prova cruciale. Coppie, amori, amicizie tra donne. Le responsabilità della scienza. Gli odi e le trame del potere. Si chiama Marcela la personaggia guida, è attraverso i suoi occhi, le sue scoperte, i suoi dubbi e le sue certezze, e anche gli errori e le delusioni, compreso il doloroso e necessario svelamento di inganni, che comprendiamo passo dopo passo il mondo in cui vive. Come si rivela a lei, così si illumina per noi, in un andamento che riproduce le altalene emotive del vivere, uno dei pregi della scrittura di Tarantini. Detto in altri termini, chi scrive – e quindi chi legge – non sa nulla di più dei suoi personaggi. Non c’è una voce fuori campo che faccia raccordi e spieghi l’incomprensibile.
Attraverso Marcela scopriamo che gli umani possono vivere in coppia, amarsi, in case ridotte al minimo, vista la mancanza di spazio, ma che la procreazione non è più una scelta individuale, ma è gestita dal governo. E che viene di solito non in modo naturale, ma con l’uso di tecnologie della riproduzione. E scopriamo che la risorsa centrale del governo post-catastrofe è governare le emozioni degli umani. Anzi impedirle. Nel passato, di fronte al proliferare di rabbia e paura che stava distruggendo il pianeta, fu deciso che con speciali trattamenti obbligatori per tutti dalla nascita, ai superstiti sarebbero state impedite le emozioni. Si privilegiava la razionalità, si preferiva l’oblio al ricordo. Come tutti i giovani educati in un sistema centralizzato, in cui le informazioni e le opinioni sono uniformati, non ha elementi per discutere ciò che le è stato insegnato. Sa, per esempio, che fuori dalla calotta, in un’isola che sta in un imprecisato altrove, ci sono dei ribelli, dei primitivi in verità. Per svelare l’inganno occorre che ne incontri uno, che si intrufola sotto la calotta per portare la verità a un popolo manipolato, che sta per consegnarsi a una finta scelta.
Nel passato un gruppo di uomini e donne, scienziati, fecero scelte drastiche per il bene dell’umanità. Per permetterne la sopravvivenza. Espulsero i politici, i responsabili, ma non riuscirono a eliminarli. E del resto, proprio perché umani, a loro volta non sono esenti da odi, gelosie, rivalità, invidie. Nel quadro originario c’è anche un gruppo che decise di non condividere quelle scelte. E nel patto stabilito, a loro furono destinate le viscere e la custodia degli archivi della memoria della storia umana. Per loro, la vecchiaia e la morte sono da accettare e vivere, il futuro è affidato ai ricordi, a ciò che si tramanda di generazione in generazione.
La memoria, l’oblio. Il corpo, le emozioni. Questo è il centro della narrazione di Nadia Tarantini. E il conflitto tra donne e uomini, tra maschile e femminile. Tra la razionalità astratta e la sapienza incarnata del vivere. Il segreto è non averne fatto una discussione teorica, ma una storia con snodi e scioglimenti di cui non voglio togliere a chi leggerà il piacere della scoperta. Chi conosce Nadia Tarantini, chi ne ha letto i libri precedenti, non si stupirà certo di scoprire che i saperi essenziali sono in mano a una comunità, quella sotterranea, in cui la guida femminile è centrale.
Ma sarebbe fare torto al romanzo supporre che Quando nascesti tu, stella lucente sia un manifesto letterario, scritto per convincere delle idee che rendono onore della Dea. Come nella migliore fantascienza, l’impianto riflessivo, quasi filosofico è necessario e presente. Ma è proprio l’andamento plurale, policentrico della narrazione che lo rende piacevole, senza che sia necessario acquisire troppe pre-informazioni. Nonostante lo scenario stratificato e articolato del mondo descritto. Questa diciottesima vita, titolo che a mio parere sarebbe stato di gran lunga più efficace, richiede tempo, per la lettura. Il tempo per arrivare fino alle profondità del mito, dei ricordi. Il tempo per pensare, anche a libro chiuso, come a me è successo. Ci sono scelte semplici che sono possibili solo quando si impara a vedere che, in tutta la sua complessità, la vita è per l’appunto questo: semplice.
Nadia Tarantini
Quando nascesti tu, stella lucente
Iguana Editrice Verona 2017-06-16
400 pagine 17 euro