Niente urne a settembre. Oppure a ottobre. Il partito del “voto anticipato a tutti i costi” sembra debellato. Fino a quando?
Per il fine settimana, comunque, siamo tranquilli. Il combinato disposto tra legge elettorale e “patto extraistituzionale” (definizione del presidente emerito, Giorgio Napolitano) di PD, M5s, FI e Lega si è sfarinato.
L’alleanza retta dalla “convenienza” (ancora il presidente emerito) di Renzi, Grillo, Berlusconi, Salvini si è dimostrata fragile e l’incidente (cercato?) ha colpito prima di quanto ci si aspettasse.
D’altra parte, ai grillini non conveniva granché la “normalizzazione” in nome di una intesa contronatura (contro la loro, dei grillini stessi, natura). Non gli piaceva l’idea di essere ridotti a “kasta”; costretti a dire addio al popolo; addio alla diversità.
In effetti, Grillo aveva precostituito la strada per la sua democrazia diretta: invitare i pentastellati cyber-elettori a votare online “la ratifica” dell’eventuale accordo raggiunto in parlamento.
Comunque, per questa combinazione dell’80 per cento le basi non erano molto solide. Senza grandi idee, senza un messaggio positivo di cambiamento oppure, che so? un’ansia costituente, un rapporto meno lasco con l’Europa; uno sforzo comune e federatore.
Ma la politica risente di un clima malmostoso. D’altronde, la parola più gettonata è: tradimento. Con Alfano nel ruolo di accusatore di Renzi che avrebbe tramato contro il premier Gentiloni. Con i giornali a ricordare lo “Stai sereno” del segretario Pd rivolto a Enrico Letta al quale seguì il classico sgambetto. I commentatori scrivono pezzi per ricordare, andando indietro nel tempo, inganni e infedeltà: Prodi rinnegato; Natta mandato a casa dai giovani scalpitanti del Pci.
Scrive Salvatore Merlo (sul “Foglio” di sabato 3 e domenica 4 giugno 2017) che gli italiani accettano il tradimento con “il fatalismo con il quale si scrollano le spalle di fronte a un fenomeno atmosferico, un improvviso temporale o una nevicata”.
Ne dubito. Secondo me il tradimento è un gesto che non lascia indifferenti. Anzi, determina una spontanea simpatia, un afflato consolatorio nei confronti del tradito. Specialmente quando dalle trame, dai complotti fa capolino un ego infantile e bizzoso.
Comunque, l’ultimo a citare la parola è stato, ieri, il capogruppo Pd alla Camera, Rosato: “La legge elettorale è tornata in commissione dopo il tradimento del M5s”.
Ma anche dopo la riapparizione (corposa) dei franchi tiratori nel caos determinato dalle palline rosse (contrari) e verdi (favorevoli) sul tabellone luminoso della Camera.
I franchi tiratori hanno una storia nella politica italiana. E proprio traditori non si possono definire. In questo caso, piuttosto, presenti nelle file del Pd (pochi) e di Forza Italia (di più) e dei 5 stelle (molti, ma non è ben chiaro quanto fosse dichiarato il loro voto favorevole all’emendamento incriminato) hanno svelato che il re è nudo.
E surreale appare il comportamento dell’80 per cento del parlamento tra imboscate, patti non rispettati, ponti tagliati mentre abbiamo la testa piena delle immagini di piazza San Carlo a Torino; delle mille mani alzate nella chiesa di Notre-Dame a Parigi oppure sul London Bridge dopo l’attentato a Londra.
Adesso, il segretario del Pd sostiene: “Non ero io a volere le elezioni”. E menomale! Dal momento che i costituzionalisti prevedevano sfracelli per la legge elettorale in discussione mentre gli investitori preconizzavano una speculazione finanziaria prossima ventura.
Intanto, M5S e Lega insistono a votare subito. Renzi naturalmente non esclude nulla, anche se oggi promette lunga a vita a Gentiloni (che ne sarà comunque contento?). Quanto durerà? Si potrebbe sempre votare in autunno, se Mattarella, preso per sfinimento, si arrendesse alle (due) sentenze della Consulta. Berlusconi intanto ha infilato l’abito dell’uomo di stato e vorrebbe recuperare il testo frutto dell’accordo calpestato: “Sono un vecchio saggio che osserva la decadenza del Paese” (e peccato che rispuntino ingombranti interrogativi sui suoi vecchi rapporti con la mafia…).
Alcune donne, tese a sottolineare i segnali del protagonismo femminile, promettono di mettere nella loro galleria di ritratti quello di Michaela Biancofiore, bolzanina, deputata di Forza Italia. Il suo emendamento sui collegi nel Trentino ha mandato a gambe all’aria una combinazione nella quale difettava il senso della realtà.
Naturalmente, di voto si tornerà a parlare. Ma temo che, dopo le amministrative in alcune città tra le quali Genova, Parma, Palermo, Verona, le folli banderuole torneranno a agitarsi. Da martedì la giostra ricomincia a girare.