Voltarsi indietro e raccontare la propria vita. Le persone, le cose che contano e ci fanno essere quello che siamo. Con il passato tradotto in parole e i ricordi affidati alla scrittura.
Nell’Autobiografia di una femminista distratta (2016, Nottetempo) Laura Lepetit testimonia di donne e di qualche uomo, di animali, di luoghi del corpo e dell’anima. Non ha intenti edificanti o migliorativi della condizione femminile quando rievoca momenti del comune passato. Semplicemente, la libertà femminile è un’avventura collettiva in terre sconosciute.
Non sperate però di leggere pagine ad alta temperatura emotiva o romanzesca. Con l’andatura di una signora soprappensiero, l’autrice di questa autobiografia si aggira, naso per aria, finché, all’improvviso, lascia apparire delle tesi sovversive, anche presuntuose. Che però non si sognano di proclamare verità assolute.
Dopo la libreria Milano Libri con Annamaria Gandini, nel ’75 fonda La Tartaruga. Romanzi, saggi, scritti autobiografici di Alice Munro, Virginia Woolf, Grace Paley, Bibi Tomasi.
“Davanti ai libri mi sento come un cane da tartufi”. Un cane che riesce a scoprire gioielli di scrittura, rigorosamente forgiati da menti femminili. La mia affezione tra quel fascio di titoli va alla Casa della gioia (Edith Wharton), Piccoli racconti di misoginia (Patricia Highsmith), Macellum (Maria Schiavo), La carta gialla (Charlotte Perkins Gilman).
La Tartaruga, il nome della casa editrice, Laura Lepetit l’ha voluto “ambiguo e adattabile”, convinta che un giorno si sarebbe stufata delle donne. Così, in tempi di furori femministi, si lascia alle spalle le Editions des femmes, le Women’s Press, le Virago press, Le Frauenoffensive e tutto il pegno ideologico che si doveva pagare alla purezza del movimento.
“Mi viene da dire che le donne sono insopportabili. Sono confuse, pasticcione, irresponsabili, disattente, poco conseguenti, prone a cambiamenti improvvisi, dimenticanze stupefacenti, incapaci di collaborare, rancorose, incostanti, invidiose e così via. Però, dopotutto, le donne mi sono simpatiche. Non posso fare a meno di loro. Sono molto più interessanti degli uomini che hanno dominato incontrastati e sono diventati noiosi, ripetitivi e grigi”.
Sul palcoscenico di una Milano ricca di scoperte, di novità, c’è Nanda Pivano, Bruna Miorelli, Maria Mulas, Rosaria Guacci, Daniela Pellegrini, Lia Cigarini, Annarosa Buttarelli, Luisa Muraro, Liliana Rampello.
Quanto al rapporto con Carla Lonzi, si interrompe di fronte al progetto della casa editrice. “La sua ipotesi, era che mettersi in quell’impresa avrebbe significato doversi piegare a molti compromessi con le regole commerciali, col mondo della competizione”.
In quella Milano aperta all’Europa, il circolo Cicip, Radio Popolare, la Libreria delle donne sono spazi di presa di parola nei quali il femminismo costruisce la propria autonomia lontano dal mondo degli uomini. Non per una dichiarazione di guerra agli uomini. “Anche oggi bisogna pensarci due volte prima di dire quel che si pensa al maschio ignaro di ogni sopravvenuto cambiamento”.
L’Autobiografia è un viaggio a ritroso per ricostruire quel particolare momento in cui “il destino delle donne cambia”. Il destino delle più o meno giovani, senza distinzione di età (parafrasando l’articolo 3 della Costituzione). “Avevamo già deciso che non serviva dividerci per generazioni”.
Adesso va diversamente. Le ragazze “di oggi nascono inconsapevoli del destino femminile che forse ancora le aspetta. Fanciulle pericolanti così Ersilia Majno definiva le poco più che bambine costrette a prostituirsi accolte all’Asilo Mariuccia da lei fondato nel 1902. …Benché la sifilide non ci sia più, le fanciulle anche adesso non hanno smesso di essere pericolanti”.
Eppure, non è tempo di tirare i remi in barca. Rispetto al modo di comportarsi di alcuni uomini; alle regole insieme arcaiche e opache del potere; alla fatica che le donne fanno nel prendersi cura del vivere. “Non possiamo ancora metterci il cuore in pace noi ragazze del Novecento”