Leggermente confortati dalla scoperta che in Europa non albergano solo cattivi sentimenti egoistici e governanti intenti ad alzare nuovi odiosi e sostanzialmente inutili muri, possiamo per un momento dedicarci a qualcosa di meno drammatico?
Ma non è detto che l’argomento sia poco rilevante.
Mi ha colpito la notizia – letta sull’inserto Affari&Finanza di Repubblica – che la piccola società farmaceutica americana che ha recentemente prodotto la “pillola rosa”, cosiddetta “Viagra femminile”, è stata acquistata dal colosso canadese Valeant per la bella cifra di un miliardo di dollari.
A concludere l’affare – subito dopo che la Fad (Food and drug administration) ha concesso il permesso per la commercializzazione del farmaco – è stata Cindy Whitehead, amministratrice delegata della Sprout, società fondata con il marito (ma il suo team è tutto femminile), che ha intascato già metà del gruzzolo e che rimarrà a capo di quella che diventa ora una divisione della nova casa madre. L’accordo è garantito da un’altra donna, Anne Whitaker, vicepresidente esecutivo della multinazionale canadese.
Da notare che della “pillola rosa” – il nome del farmaco è Addyi – finora non ne è stata venduta nemmeno una. Ma i dirigenti della Valeant pensano che la capacità del farmaco di aumentare il desiderio sessuale femminile possa replicare il successo enorme delle “pillole blu”, Viagra e simili, presso il sesso sedicente forte. Già pensano di aggiungere 200 persone agli attuali 34 dipendenti della piccola azienda acquistata, per orchestrare la campagna di vendita di Addyi in tutto il mondo.
Il successo del “Viagra rosa” è presentato solo in parte come un frutto della scienza medica e chimica – la formula esisteva già come psicofarmaco antidepressivo: l’abilità della Whitehead sembra essere stata soprattutto quella di sostenere una lunga campagna di lobbyng rivolta alla Fad perché approvasse la commercializzazione, imbracciando il diritto al piacere delle donne. “Sono stati giorni bellissimi – ha dichiarato – perché abbiamo aperto un novo capitolo nella storia delle donne”.
C’è chi osserva però – a cominciare dai responsabili della Fad che hanno autorizzato il farmaco – che le controindicazioni non andranno trascurate: si rischiano cali di pressione e perdita di coscienza. Inoltre le percentuali di successo sarebbero molto più basse rispetto a quanto succede agli uomini.
Una cosa non sottolineata più di tanto, è la differenza nel funzionamento della “pillola rosa” e della “pillola blu”. Quest’ultima agisce infatti sui meccanismi fisico-chimici che sovrintendono all’erezione. Per risvegliare il desiderio femminile assopito invece bisogna intervenire direttamente sul cervello.
Chissà se le vie biologicamente determinate della differenza stimoleranno nuove riflessioni di ordine culturale e simbolico, ora che l’attenzione forse si sposterà dal dramma triste della crisi di prestazione maschile a quello, più misterioso, del desiderio femminile.
In America la campagna a favore della “pillola rosa” è avvenuta con il motto even the score (che vuol dire più o meno, pareggia il conto, il risultato). All’insegna dunque della parità.
Pieno riconoscimento del diritto delle donne a ricevere la stessa attenzione degli uomini, da parte della ricerca medica, quanto a questo tipo di problemi. E’ sacrosanto.
E l’enigma del desiderio femminile ci ha reso la vita – a noi maschi, diciamo la verità – così imprevedibile e, a volte, davvero tormentata. Ma la fantasia di una perfetta equalizzazione delle dinamiche dell’eros, al comando di pillole colorate, è davvero più allettante?