Va bé, molto si è letto e sentito sulle ultime elezioni. Un “molto” che, se badiamo ai numeri, dunque tenendo conto di quel 5 a 2 per il Pd, parla di buon risultato renziano. Ma se appena ci addentriamo nella rappresentazione simbolica, allora la perdita della “rossa” Liguria (che in realtà non è stata sempre così “rossa”) si traduce in uno “schiaffo a Renzi”. Dunque, si tratta di una vittoria sfregiata.
E però. Mettere a confronto il numero di abitanti della Liguria con l’affollamento della Campania, rende più lieve la “batosta” (titolo del Manifesto) del Partito democratico. A dimostrazione che i numeri non sono tutto.
In effetti, il Pd ha strappato la Campania al centrodestra. Merito del nuovo presidente, Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno per quattro mandati, laureato in Filosofia, fama di “sceriffo” (ha guidato lui stesso le ronde notturne e le spedizioni dei vigili urbani contro i rom), alleato dell’Udc di De Mita, circonfuso di gloria per aver ridato smalto a Salerno.
Tuttavia, non si sa se riuscirà a governare dal momento che sulla sua testa pesa la condanna per abuso d’ufficio nel processo sul termovalorizzatore e la decadenza prevista dalla legge Severino. No, no e no, si sono precipitati a spiegare i dirigenti del Pd: non di decadenza si tratta bensì di sospensione.
Quanto alla logica di numeri, va bene che non funziona mai completamente, ma in queste elezioni regionali è chiaro che tutti i partiti hanno perso consensi, con l’eccezione della Lega. Bassa affluenza (53,9%): hanno votato uno su due. Complicità del lungo ponte oppure crisi, disaffezione, frammentazione dei partiti, scissioni al proprio interno? Ma c’è anche il fatto che il voto riguardava le Regioni, colpite da troppi scandali, troppi soldi dilapidati. Per molti, bisognerebbe ripensarle, anzi, trasformarle, addirittura abolirle. Chiedo ai picconatori: sul serio, la Sanità funzionerebbe meglio?
Naturalmente, nel contesto elettorale, il premier ancora una volta ha tenuto d’occhio l’immagine: lui che sfoga il nervosismo pre-risultati con la PlayStation; lui che si infila la tuta mimetica per copiare i militari italiani in Afghanistan (l’hanno sempre fatto i nostri politici pur senza mai muovere un passo fuori dalle caserme).
Veniamo a qualcuna delle donne coinvolte nella campagna elettorale.
Nel Pd ci si è lamentati per la debolezza delle candidate. Il guaio è che sia Alessandra Moretti (in Veneto), sia Raffaella Paita (in Liguria) hanno vinto le primarie. Moretti aveva rinunciato al seggio al Parlamento europeo per la sfida con Zaia.
La non particolarmente amata aspirante governatrice renziana ligure ha puntato il dito sull’assenza di una coalizione e la rottura a sinistra che avrebbero aperto la strada al centrodestra. Il quale centrodestra, per voce del neopresidente, Giovanni Toti, ha spiegato di aver “espugnato Pyongyang”. Chissà se i liguri saranno contenti di venire paragonati alla Corea del Nord.
Comunque, a giudizio di Paita, la colpa di questo rovescio elettorale va attribuita alla “visione cinica” di Pastorino (candidato di Rete a sinistra) e del suo nume tutelare Sergio Cofferati, il quale, dopo essere stato il capo della Cgil (2-3 milioni al Circo massimo per difendere l’art.18), dopo essere stato il sindaco di Bologna, dopo essere stato parlamentare europeo (mi sa che lo è ancora), voleva fare il governatore della Liguria e fu sconfitto alle primarie. Denunciò irregolarità; uscito dal Pd, non sembra ancora aver trovato pace.
Veramente, l’astensione in Liguria è stata pesantissima. Raffaella Paita, ormai ridotta all’ombra di se stessa per gli attacchi di nemici interni e esterni al Pd, probabilmente non è stata aiutata dal sostegno dell’ex governatore della Liguria.
Nel Pd, un’altra figura femminile non ha raccolto grandi consensi, quella di Rosy Bindi. Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, ha stilato a 48 ore dal voto una lista di “impresentabili” (sedici su quattromila nelle liste elettorali). “Autogol giudiziario dei politici“ (Michele Ainis sul Corriere della Sera). Comparsa in televisione (nel talk show Piazza Pulita), per rivendicare la bontà del suo gesto di fronte alle accuse “del mio partito”, Bindi ha assicurato di essersi limitata ad applicare il codice antimafia. De Luca, il cui nome era comparso tra gli “impresentabili”, con l’incognita Severino che gli pende sulla testa, è corso a querelare Bindi per diffamazione, attentato ai diritti politici costituzionali, abuso d’ufficio.
Tra queste montagne di liti, separazioni, accuse, controaccuse, carte bollate, una nota positiva vogliamo segnalarvela: il successo delle grilline che hanno battuto i colleghi nei consensi. Per Valeria Ciarambino (la sua lista è stata la prima a Pomigliano d’Arco) “le donne in politica hanno una grande capacità di mediare e una sensibilità tutta femminile rispetto ai temi”. I temi del vivere quotidiano, immaginiamo.