Il film di Moretti continua a far discutere: dopo gli interventi di Ghisi Grutter, Loretta Peschi e Gabriella Bonacchi, uno spunto da Clelia Mori
Da quando ho sentito alla radio il trailer di Mia madre, il film di Nanni Moretti, e dopo averlo anche visto, continua a girarmi in testa lo stupore di una voce di donna che fa il regista uomo maturo Moretti, e che afferma più o meno: tutti dicono che io capisco ma io non capisco niente. Dichiarando nel film tante altre inaspettate inadeguatezze di lei/lui come regista nel lavoro, e nella vita. Tra la finzione di essere sé stesso e di non esserlo, perché comunque compare nel film ma come fratello “deciso” e sicuro e posato della regista: fratello di sé stesso? Rappresentandosi nel suo lato migliore rispetto a quello che delega a Margherita Buy.
A Margherita fa esprimere di sé quello che non riusciva a far dire a un uomo, come non riusciva da solo a rappresentare tutte le sue sfaccettature e ha dovuto delegare il suo lato più indicibile a una donna. Un uomo, né lui né un altro, poteva dirlo, solo una donna poteva farlo e dirlo.
Ecco è questo che continua a sconcertarmi, come voleva il regista, ma forse non proprio come voleva lui. Certe cose le può dire solo una donna. In bocca ad un uomo no. Non si riesce a fargliele dire. Il proprio lato oscuro è meno oscuro per una donna che per un uomo, per un uomo è forse troppo oscuro. Non può dirlo in prima persona. La verità è più semplice in bocca a una donna: le donne hanno un difetto d’origine, credo d’aver letto da qualche parte, che le predispone magari a dirsi più facilmente che gli uomini.
Gli uomini non possono dirsi per quello che sono? Speriamo che prima o poi riescano a raccontarsi senza deleghe, anche se possono sembrare un omaggio. O una scorciatoia, anche se ben congeniata, come d’abitudine. Alla fine è l’escamotage più tradizionale: come farsi liberare da una donna.
Ma il film mi è piaciuto…