Pubblicato sul manifesto il 22 luglio 2014 –
Tempo fa non ho resistito alla tentazione di acquistare, grazie alle mai troppo lodate edizioni economiche dei classici Utet, le Etimologie o origini di Isidoro di Siviglia. Non avevo mai visto questo testo voluminoso, ma mi è bastato sfogliarlo qualche minuto per arrendermi al suo fascino. Isidoro è vescovo a Siviglia nel settimo secolo, la Chiesa svolge un ruolo di assimilazione del regno dei Visigoti a ciò che resta del mondo latino. E’ un uomo di cultura sterminata e abilissimo oratore. Scrive una quantità incredibile di opere teologiche, storiche, enciclopediche. Le Etimologie si presentano come il tentativo fantastico di descrivere l’intero universo passando in rassegna le radici di senso di tutte le parole che lo definiscono.
E’ l’opera di qualcuno – un santo – che si impegna a fondare un nuovo mondo, due secoli dopo il crollo dell’Impero romano, cercando pace e giustizia, pensando che solo un linguaggio condiviso possa consentirlo.
Troppo facile, forse, il parallelo con la condizione di chi sfoglia in questi giorni le pagine dei nostri quotidiani, guarda la tv, o scorre i post sui social media.
Berlusconi prima condannato e poi assolto – per reati gravissimi come la prostituzione minorile e la concussione – produce una specie di psicodramma di posizioni opposte. Qualcosa che ci rende perplessi sulla capacità del nostro paese di uscire da una specie di incubo politico-giudiziario ormai ventennale.
Ma questo è un dramma ben minuscolo se spostiamo lo sguardo sulle centinaia di morti innocenti a Gaza, in Ucraina, sui battelli della disperazione che arrivano dalle sponde africane. Dove continuano altre guerre che producono insopportabili ingiustizie. E i “potenti” della terra sembrano sempre più “impotenti” e balbettanti, o forse seguono stategie e trame per noi incomprensibili.
La parola giustizia , in latino iustitia, ricorre poche volte nel testo di Isidoro. In una lunga definizione di filosofia il vescovo ricorda che si tratta di una delle quattro “virtù dell’anima”, con la prudenza, la fortezza e la temperanza. Ed è la “capacità di valutare esattamente e dare a ciascuno ciò che gli spetta”. In un altro dei venti libri dell’opera giunti sino a noi, quello che significativamente parla insieme della guerra e del gioco, Isidoro dice che iustitia deriva da iuris status, tradotto, con un termine che evoca la teoria democratica moderna, con stato di diritto.
Si potrebbe dire che l’esistenza di un diritto internazionale e di uno stato di diritto in Italia non sembrano in grado di soddisfare il bisogno di giustizia che ascoltiamo nella nostra anima. Ne può derivare una reazione di indignazione, o di disperazione del tutto comprensibili, ma dobbiamo anche stare in guardia: la virtù sta in quella “capacità di valutare esattamente”. Altrimenti la parola giudicante cade nell’”abisso della chiacchiera”.
Il nostro piccolo dramma domestico non è difficile da valutare. Anche se oggi è assolto, magari a ragione in termini di diritto in questo processo, Berlusconi resta “unfit tu lead”, inadatto a governare, come scrisse l’Economist, per una quantità di motivi – il suo conflitto di interesse, i suoi comportamenti inauditi anche se forse non perseguibili penalmente – già più che sufficienti, oltre alle condanne giudiziarie, per contrastarlo risolutamente.
Quanto alle guerre atroci in corso so solo dire che una “capacità di valutare esattamente e dare a ciascuno ciò che gli spetta” non può che partire dalle vittime inermi: prima vanno fermati i massacri. Poi si valuterà se resta qualche ragione in capo a chi spara e bombarda.