Pubblicato sul manifesto il 27 maggio 2014 –
Ora bisognerebbe pensare e fare per costruire una sinistra politica quale strumento utile per chi si oppone alle ingiustizie sociali e cerca la libertà – e perché no, la felicità – senza voler negare quella di altri e altre.
Ho votato per Tsipras per due motivi: sostenere, anche in Italia, chi indica con successo ai Greci, vittime delle conseguenze peggiori dell’”austerità”, la via di un’altra idea di Europa, opposta a quella delle forze nazionaliste, razziste, e alternativa anche a quella neoliberista. In secondo luogo ero abbastanza sicuro che il tanto conclamato “sorpasso” da parte di Grillo sul Pd non ci sarebbe stato. Immaginavo un Pd oltre il 30 % e un 5 stelle intorno al 25. E’ andata molto meglio per il partito di Renzi e peggio per Grillo e a me non dispiace affatto.
Mi auguro che a sinistra ci possa esser scambio critico, anche conflitto e competizione, ma per cogliere l’occasione di una azione comune in Italia e in Europa. Senza ignorare che anche tra le forze conservatrici del Ppe sembra emergere la consapevolezza che andare avanti così – contro i più larghi interessi popolari e le stesse ragioni della “ripresa” – non si può. Segnali in questa direzione vengono pure dalle scelte di Draghi e della Bce.
Questo scenario può offrire maggiori spazi a chi cerca alternative più radicali nel modo di vivere e di produrre? E’ una domanda da porsi.
Sento e leggo già amiche e amici di sinistra intenti a interpretare il successo di Renzi nella chiave di una riedizione “democristiana” o, peggio, “berlusconiana”. Mi sembrano categorie fuorvianti, legate poi a giudizi svalutativi sugli orientamenti dei cittadini (abbrutiti dalla “mutazione antropologica” di turno) per me altrettanto discutibili.
Questo paese ha saputo esprimere reazioni di grande rilievo al negativo della sua storia: la Resistenza contro il nazi-fascismo, i movimenti degli anni ’60 e ’70 con le vittorie referendarie su divorzio e aborto, i recenti referendum per l’acqua e contro il nucleare, le mobilitazioni democratiche in grandi città, i pensieri e le pratiche del femminismo nella loro generatività ora “carsica” ora dirompente.
Una generosità popolare e forme di attivismo intellettuale e civile che la sinistra istituzionale quasi mai ha saputo o voluto interpretare e raccogliere, segnatamente dopo la cesura dell’89. E che cosa è stato, e in notevole misura comunque resta, il voto a Grillo se non l’espressione di questa voglia di cambiamento delusa dalla politica?
Il Pd di Renzi ha offerto, con la comunicazione, ma anche con alcuni fatti (dai famosi 80 euro alla promozione di una nuova generazione di donne e uomini sulla scena politica) una sponda a questa diffusa richiesta, in parte al di là dei tradizionali schieramenti. Non è nemmeno solo opera di Renzi, ma anche di un partito che – nonostante tanti limiti – si è reso, come dicono i tecnici, “contendibile” con una qualche forma di procedura democratica (le primarie), sapendo che altrimenti rischiava un completo fallimento.
Persone di cui ho stima come Barbara Spinelli e Marco Revelli hanno ripetuto la tesi delle due destre, che inscrive in blocco il Pd e il socialismo europeo, nelle sue diverse manifestazioni, nello schieramento “avversario”. Mi sembra un errore non solo politico – soprattutto di fronte all’emergere in Europa di inquietanti populismi di destra – ma anche analitico. Dobbiamo ancora veramente comprendere la natura dei cambiamenti materiali e simbolici aperti dalla crisi, dalle dinamiche globali, dai conflitti tra i sessi e tra le generazioni, e immaginare i riflessi che possono avere sulle forme della politica. Discutiamone.
Aggiungo link a qualche altro mio pensierino su temi connessi:
Il resto (per l’Europa)
Riforme (e rivoluzioni)
Compromesso
Azione parallela