Pubblicato sul manifesto il 26 aprile 2014–
Un 11 settembre di dieci anni fa (la stessa data del crollo delle Torri, dell’omicidio di Allende…) qualcosa di terribile accade a Franca Chiaromonte. “Un camion, un treno? Non l’avevo visto arrivare; non avevo sentito nessun rumore, eppure sono rimasta schiacciata”. L’incindente in realtà accade dentro il corpo di Franca, provoca un lungo coma, e una lesione cerebrale che renderà per sempre difficile parlare, scrivere, camminare, guidare la barca nel mare della Costiera amalfitana.
Franca ha nel cuore e nel cervello una passione grandissima per la politica. Vissuta in contesti molto diversi, ma per lei sempre in qualche modo comunicanti. Nel Pci – facile evocare l’eredità del padre Gerardo e della madre Bice – e in quello che ne è seguito. Nel femminismo italiano più radicale. Nel Parlamento, dove è stata deputata e poi senatrice sino alla legislatura conclusa nel marzo 2013. E’ uscita dalla malattia con la stessa lucidità di pensiero, lo stesso sguardo vivace e profondo, il sorriso luminoso. E con questo spirito ora ha scritto insieme a Antonia Tomassini un libro credo unico nel suo genere. Il Parlamento non è un pranzo di gala è il titolo che evoca Mao: riflette lo sguardo ironico che si incrocia nella foto di copertina tra le due autrici (edito da Rubettino, con una affettuosa lettera di Giorgio Napolitano).
E’ la storia della collaborazione e della relazione, per nulla semplice, tra due donne alle prese con il problema di rendere possibile una piena attività politica e parlamentare a una persona che si esprime con difficoltà, nonostante la pienezza delle sue analisi e della sua volontà.
Due donne molto diverse: “Franca – scrive Antonia (il libro è un intreccio tra interventi dell’una e dell’altra, e di parti a due voci) – donna comunista e di destra, desiderava ricominciare a contare… Antonia, giovane donna di sinistra, aveva voglia di lavorare dentro le istituzioni…”. E ci sarebbe da discutere su queste etichette: diciamo che le due protagoniste se le attribuiscono non senza riserve, spesso ironiche, a volte risentite. Ma sempre alla ricerca di uno scambio sincero.
Il fatto nuovo è che la collaboratrice di una parlamentare viene ammessa ai lavori della Commissione Sanità del Senato, dove opera Franca, e ottiene – dopo tutti gli indispensabili passaggi istituzionali – il permesso anche di parlare a nome suo. Una conquista che crea un precedente valido per altre simili situazioni, e che per ora si arresta al limite dell’Aula, ai cui lavori, nonostante la richiesta, la doppia presenza resta vietata (chissà se ora che si parla tanto di riforme anche questa piccola-grande innovazione potrà ottenere un pieno riconoscimento).
Ma ciò che attira, nella scrittura, è proprio il rapporto tra loro due, in un contesto che racconta tanti passaggi e dilemmi della politica italiana degli ultimi anni. Le passioni politiche della senatrice Chiaromonte infatti sono molteplici, e possono anche apparire contraddittorie. C’è la battaglia per il testamento biologico, contro le chiusure ideologiche di tanta parte della destra al governo, con le acute polemiche sulla vicenda di Eluana Englaro, che produrranno lacerazioni anche dentro il Pd. Antonia per la prima volta deve intervenire: “…non ricordo affatto come mi sono sentita… ricordo solo la sensazione che mi ha sempre accompagnato di avere Franca accanto, con la nostra complicità e il reciproco sostegno…”.
Interpretare perfettamente in una sede istituzionale il pensiero di un’altra persona non è certo facile, tanto più quando si fanno i conti anche con le proprie radicate opinioni politiche.
Mentre infuriano le polemiche su Berlusconi e contro la “casta”, Franca presenta insieme al senatore Luigi Compagna del PDL la proposta per reintrodurre nella Costituzione l’immunità parlamentare, in solitudine e suscitando non poche riserve nel suo partito. Quando il ministro Sacconi parla del suo “libro bianco” sul welfare Franca spesso consente. Antonia la pensa all’opposto. E quando scrive e pronuncia l’intervento a nome della senatrice Chiaromonte ci mette qualcosa in più delle sue opinioni critiche, per quanto “oggettivamente” fondate sui dati ISTAT, che studia con caparbietà. Sintonie profonde, invece, se l’impegno è contro le “dimissioni in bianco”, o per portare all’attenzione del Parlamento i ritmi insopportabili imposti da Marchionne alle operaie della Fiat.
Ma il testo in cui emerge in modo più toccante la doppia voce di questa strana coppia è quello pronunciato, questa volta esplicitamente a nome di entrambe, al convegno sulla “cura del vivere” organizzato a Roma nell’ottobre 2011 dal gruppo delle “femministe del mercoledì”. E’ la testimonianza anche di una diversità di opinioni – tanto per cambiare – sul tema della cura, ma insieme la rivendicazione piena di una “cura della relazione”. Il nostro, dice Antonia, “è un lavoro di cura. Cura del pensiero di Franca, tentativo continuo di offrire un rispettoso megafono al suo mondo di idee e di sensazioni. Cura di me, delle passioni che questo mi muove, le difficoltà, le incertezze, il dovere di farla parlare e la voglia a mia volta di dire la mia”.
Ci sarebbe molto da riferire sul mondo femminile e femminista che circonda Franca e con lei Letizia Paolozzi, sempre vicina, e che affolla il racconto con tante figure amiche, sentimenti e discussioni di cui le autrici sono continuamente al centro.
Nelle pagine conclusive la parola torna a Franca, che riassume con semplicità “un’esperienza importante, a volte anche triste, bella e intensa”. Che può aiutare anche altri a “sperimentare la possibilità di un ritorno alla “normalità”. Sono consapevole dei miei privilegi, di cui sono fondamentali le relazioni affettive. Grazie a loro ho combattuto”.
Il Parlamento non è un pranzo di gala, di F.Chiaromonte e A. Tomassini, Rubettino, 2014, pagg 143, euro 13