Pubblicato sul manifesto dell’11 marzo 2014 –
Compromesso è una delle parole più controverse nel dibattito politico. Molti ne colgono solo l’aspetto negativo: ti sei compromesso! Hai ceduto sui principi! Hai accettato uno scambio indecente! Per rendere più chiaro che siamo di fronte a pratiche inaccettabili da molti anni in Italia corre l’orrendo termine inciucio. D’Alema cerca un accordo con Berlusconi sulla riforma istituzionale? E’ un deprecabile inciucista. Se poi lo fa Renzi è ancora peggio.
Ma dall’altra parte tutti i teorici della politica, e in particolare della democrazia rappresentativa (finora, pur con tutti i suoi orribili difetti, l’unica forma che mantiene qualche sia pur remota possibilità di decenza) vedono nella pratica del compromesso tra soggetti politici diversi l’essenza stessa di un sistema che voglia evitare esiti autoritari.
Lo abbiamo sotto gli occhi: il movimento di Grillo, che pure propone molte cose giuste e coinvolge molte brave persone, con il suo mito della democrazia diretta in rete e il rifiuto di qualunque compromesso, anche con chi – come Bersani – proponeva un’alleanza per il cambiamento, si sta trasformando sempre di più in qualcosa di molto poco democratico.
Berlinguer, ancora oggi molto amato a sinistra, e in particolare dalla sinistra più a sinistra, propose un compromesso storico con gli storici avversari democristiani, ed è stato recentemente ricordato da Francesco Barbagallo, proprio parlando del leader comunista scomparso 30 anni fa, che questa stessa espressione era stata usata anche da Meuccio Ruini nella presentazione all’Assembela costituente dei lavori preparatori della commissione dei Settantacinque: la Costituzione come nuovo grande compromesso storico tra le forze più rappresentative della appena nata repubblica.
Bisognerebbe riuscire a pensare e ad agire altrettanto in grande nell’ora in cui brilla il pericolo per l’idea di un’Europa davvero unita e democratica, sostenuta da un ampio e solido convincimento popolare. Penso che voterò per Tsipras, se non altro perché mi sembra simbolicamente giusto ripartire dalla volontà di riscatto di un paese che ha subito le conseguenze più gravi della politica di austerità (e delle politiche dissennate – non andrebbe mai dimenticato – dei suoi governanti “moderati” con le complicità sociali del caso). Un paese che è anche all’origine della cultura che dovrebbe accomunarci.
Apprezzo poi l’apertura con cui Tsipras si rivolge alle altre forze della sinistra europea, inclusi i socialdemocratici. Aggiungo che se crediamo davvero nel rischio che ottengano successi importanti le forze che strumentalizzano il giusto risentimento sociale contro l’austerità su posizioni di estrema destra e antieuropee, bisognerebbe estendere il dialogo e la proposta di una sorta di compromesso storico europeo anche alle forze moderate. Quelle di matrice cristiana – è importante o no il messaggio che, in particolare sui temi economici e sociali, viene oggi dal papato? E anche quelle di matrice liberale.
In un simile contesto potrebbe anche acquistare qualche ragione in più la formula di governo che è stata più o meno sorprendentemente confermata in Italia, con l’intenzione di durare. Naturalmente guardando e ascoltando molti dei protagonisti di questa alleanza sulla scena pubblica scattano tutt’altri sentimenti.
Ma insisto: bisognerebbe procedere con una azione parallela. Cercare un nuovo fondamento per la politica e per la sinistra fuori dall’attuale contesto partitico e istituzionale, battersi perché una ricostruzione della politica investa nella misura del possibile il funzionamento delle istituzioni democratiche. Una riforma istituzionale che semplifichi il sistema con una sola Camera, che valorizzi le autonomie soprattutto comunali, e che faccia i conti pienamente con la cessione di sovranità a un’Europa in prospettiva federale, potrebbe essere coerente con l’esigenza di dare più voce alle soggettività sociali oppresse dalla crisi e a rafforzare la soggettività politica dell’Europa. Per fare questa riforma, però, serve un compromesso.
Fu scritto: “I comunisti lavorano dappertutto al collegamento e all’intesa dei partiti democratici di tutti i paesi”. Erano quegli inciucisti di Marx e Engels.