Personalità instabile oppure audacia da giocatore di poker? Osservate le ultime decisioni di Francois Hollande: fine del rapporto con Valérie Trierweiler; “patto di responsabilità”; ritiro della legge sulla famiglia.
In poco più di un mese il presidente francese detta a una agenzia di stampa diciotto parole (in francese) per annunciare che sì, ha messo fine al rapporto con Valérie Trierweiler. Un modo non proprio cortese ma sapete, nella dittatura della trasparenza imposta da Internet, pare che sia cresciuto a dismisura il numero di separazioni via mail. Non devi neppure faticare a scrivere una lettera per mettere insieme quattro frasi di circostanza del tipo: Prendiamoci una pausa di riflessione.
D’altronde, l’uomo pubblico Hollande ha sempre difeso un modello famigliare che definire arzigogolato è poco: mentre rifiuta i vincoli matrimoniali, accanto alla compagna ufficiale, poi “première dame”, coltiva delle storie extramatrimoniali. Risultato di questo disordine amoroso è che una donna, una giornalista – va bé, poco simpatica quanto volete – si ritrova nella parte della ripudiata. E adesso, alla Casa Bianca, per la prossima visita del presidente francese, devono mandare al macero centinaia di inviti stampati prima che il leader ridiventasse single.
Nel frattempo, arriva l’annuncio, dopo mesi di incertezze, della necessità di abbassare il costo del lavoro e ridurre massicciamente la spesa pubblica. I socialisti rabbrividiscono. Non è ciò che Hollande aveva promesso; non rientra nel corpus dottrinario della gauche.
Dopodiché, vista la malagrazia con la quale il movimento “filofamiglia” (non si capisce se si tratti di una nebulosa reazionaria oppure di un insieme di estremisti clericali ma anche di persone di buon senso) gli fa sfilare sotto il naso la “Manif pour tous”, decide di rinviare al 2015 il progetto di legge sulla famiglia.
Capitolazione. Tradimento, fuga invereconda! Secondo i sostenitori della legge così viene abbandonata la lotta per i diritti, la parità tra uomo e donna, il principio universale della laicità.
Non sono questioni da sottovalutare, ma è la legge il modo migliore per difenderle soprattutto quando mette a tacere esperienze, culture, soggettività differenti? Qualcosa di simile (o perlomeno di discutibile) era successo con il divieto di indossare a scuola il velo islamico, la kippah, la croce. E poi, con la norma (degli “abolizionisti”) per mettere al bando la prostituzione, paragonata alla schiavitù, alla violenza sul corpo e la mente femminile. Senza tenere conto dell’autonomia – di donne, di uomini – che scelgono di prostituirsi. Come se lo Stato dovesse intromettersi nella vita sessuale di adulti consenzienti.
Adesso, rispetto alla legge sulla famiglia, c’è la volontà, attraverso una sperimentazione nelle scuole primarie condotta con “l’ABCD dell’eguaglianza”, di plasmare i citoyens del futuro insegnandogli, fin da piccoli, l’educazione alla parità attraverso una legge che significa anche la paradossale riscrittura di Cenerentola, Cappuccetto Rosso e Raperonzolo, così da combattere gli stereotipi, svelare i condizionamenti sociali e il carattere contingente dei ruoli.
L’obiettivo sarebbe quello di ottenere l’eguaglianza tra maschi e femmine piallando, plasmando, schiacciando la differenza sessuale in quanto rea di disegnare un ordine simbolico gerarchizzato nel quale gli uomini sono nelle posizioni apicali e le donne in basso nella scala gerarchica.
Donne che non hanno un pensiero autonomo, che sono vittime dell’ingiustizia sociale, dovebbero affrancarsi dallo sfruttamento del corpo e dell’anima, sfuggire alle discriminazioni attraverso una emancipazione obbligata.
Un simile modo di ragionare (da parte della ministra ai Diritti delle donne e del ministro all’Educazione) ha prodotto reazioni uguali e contrarie. Secondo la Manif pour Tous “la lobby lesbo-gay-bi e trans” ha partorito l’ “ABCD dell’eguaglianza”. Roba da guerra di religione. Glaciale politico dai “nervi saldi” (parole sue), il presidente Hollande ha spinto il suo governo a lasciar perdere la “decostruzione” dei ruoli sessuali. Chissà se ha capito che la legge non può modellare gli individui né lo Stato provocare a forza il cambiamento.