Non mi convince la tolleranza di alcune (amiche) femministe nei confronti della lingua dei “cittadini” parlamentari grillini e delle espressioni sessiste venute fuori contro la presidente della Camera.
Nel caso in questione, causa scatenante della collera grillina l’imposizione da parte della presidente della Camera di una misura eccezionale, “la ghigliottina”, per far votare un decreto che teneva appiccicati Imu e provvedimento su Banca Italia.
Che dipenda dall’ingenuità o dalla insipienza dei regolamenti parlamentari, non è la prima volta che Laura Boldrini sbaglia comportamento istituzionale. Non capisco tuttavia il perché la risposta da parte dei maschi, quando di incompetenza femminile si tratta, scivoli nella misoginia e nel machismo.
Quando il leader-blogger dei 5Stelle ha rilanciato un filmato con la sagoma della Presidente chiedendo: “Cosa succederebbe se ti trovassi la Boldrini in macchina?” si aspettava quel tipo di risposte. Che sono un’aggressione (prevista e voluta) nei confronti della terza carica dello Stato. Ma anche del sesso femminile.
Esagero? Certo, Laura Boldrini ha parlato alla trasmissione “Che tempo che fa” di “una istigazione alla violenza sessista, chi partecipa a quel blog non vuole il confronto ma offendere e umiliare. Sono potenziali stupratori” offrendo di sé (non per la prima volta) l’immagine della donna preda. Immagine lacrimevole che però non può cancellare lo slittamento semantico per cui una donna viene insultata attaccata puntando al genere sessuale al quale appartiene.
Probabilmente, “l’emergenza democratica” citata dalla presidente della Camera nella trasmissione di Fazio è una esagerazione. Almeno così penso io. Ma la democrazia si regge sulle buone pratiche mentre una cattiva lingua, una lingua sessista riproduce pratiche cattive.
Ne deriva che il discorso politico, oggi, riproduce forme di manipolazione (veicolate dalla tv, dai social forum), fondate sostanzialmente sull’abbassamento delle consapevolezze linguistiche e culturali e sulla enfatizzazione della rissa verbale. La politica italiana, non solo quella degli ayatollah della rottamazione dei politici vecchi e poi dei vecchi in genere, di chi ti fa ombra, di chi occupa un posto che tu potresti occupare, di chi porta il cappello e di chi infila la giacca, di chi si accomoda nei talk show e di chi conta “gli amici” nel social forum, sempre più – dico – la politica italiana si esprime in una “antilingua” come la chiamava Italo Calvino. Che poi lo sfregio portato alla presidente della Camera abbia suscitato la riprovazione fin troppo unanime, da “union sacrée” delle forze politiche, editorialisti, commentatori, sigle delle varie associazioni, pone a me e alle amiche femministe un ulteriore quesito: come svelare le contraddizioni tra chi fa del sessismo un’arma per offendere e chi lo vive come estremo baluardo difensivo. Il lavoro del femminismo ha messo in evidenza lo squilibrio nel rapporto tra i due sessi ma questo lavoro va continuato. Contro l’incuria della politica. (E se arrivano le condanne a Grillo perché manifesta con i No Tav e o perché scrive sconsiderati appelli ai capi di polizia e carabinieri, toccherà pure solidarizzare con lui…)