A proposito del Sacro Gra di Gianfranco Rosi –
“La rivoluzione della nostra epoca sarà urbana o non sarà nulla”, scriveva Henri Lefebvre nel 1973. Il tema è in realtà più antico. Antico come la più antica delle identità del moderno: l’identità rivoluzionaria per sempre legata a Parigi dagli eventi del 1789. Ma esiste davvero quel (non metaforico) legame di “sangue” autorevolmente affermato da Henri Lefebvre tra contesto urbano e rivolta sociale? E’ davvero la cinta muraria delle città a delimitare lo spazio su cui piantare la bandiera dei vinti che rifiutano di lamentarsi? E’ la città ad alimentare le riserve indiane di un istinto popolare che applica la pietà vera che scarta le forme scontate del pietismo? E’ la città il perimetro di un’enclave nascosta che rielabora, nella distante vicinanza dei suoi luoghi, la propria biografia? Io penso di sì, ma ad una condizione: occorre riscrivere le mappe sociali, gli spazi e i tempi della “enclave nascosta” con i nuovi compassi imposti in un mondo che è un “globo”, ovvero sia esclude la linearità come procedura analitica. Di qui la genialità di aver individuato nel Gra la nuova cinta muraria di Roma e nell’aver rintracciato nella dimensione di questo anello le enclaves (al plurale) nascoste cui alludeva lo storico francese ormai parecchi decenni fa. L’enclave nascosta cui si riferisce l’interrogativo, è la massa molecolarmente scomposta della popolazione post-industriale, apparentemente assoggettata ma con una sua resiliente vitalità. Nelle grandi realtà mondiali ad ovest ma crescentemente anche a est, non ci sono più le grandi fabbriche, né le grandi aree agricole che mettevano ordinatamente al lavoro le componenti fondamentali della popolazione. Ciò che resta sopravvive grazie a modalità e risorse che non conosciamo. Ma, nonostante l’irriducibile “alterità del passato”, recentemente ribadita da una brillante studiosa di una delle prime città laboriose e ribelli d’Italia e cioè Livorno, gli esempi storici continuano a parlarci. Proprio perché ci rimandano alla pluralità dei tempi e degli spazi in cui la vita umana riesce sempre ad articolarsi. E di cui il Sacro Gra è una smagliante dimostrazione.