In tempi non “sospetti”, cioè quando Silvio Berlusconi non si era ancora recato al banchetto di Piazza Argentina, ho firmato i referendum dei Radicali sull’amnistia e l’indulto. Per la verità, quei sei referendum (più altri, ma non tutti) li avrei firmati comunque. La giustizia non può finire (veramente ci è già finita) nell’imbuto delle vicende del leader politico Pdl. Ho cura della giustizia alla quale vengono, da decenni, inflitte profonde ferite, dalla insopportabile condizione della popolazione carceraria alla lentezza dei processi all’uso abnorme della custodia cautelare.
Processi più equi non riguardano Berlusconi ma tutti noi. D’altronde, non c’è solo la sua vicenda giudiziaria. Sono anni (dal processo Tortora?) che la giustizia ha bisogno di cambiamenti.
E poi, non mi va di sentirmi ostaggio di un uomo di cui nulla condivido. Non mi va che la politica si ritragga perché la magistratura intervenga a togliere le castagne dal fuoco. Non mi va che la mia parola sia schiacciata da quella altrui.
Sarà pur vero che i referendum abrogativi sono uno strumento poco efficace, spezzettano una legge qui e là. Tuttavia, pretendono che il Parlamento si muova. Gli danno un ultimatum.
Probabilmente, Berlusconi, ha firmato i referendum per ragioni tutte sue, nel senso che gli servono. O spera di servirsene. Eppure, curiosamente, l’ex premier nel suo videomessaggio non vi ha fatto cenno. Forse non ci crede. Magari suppone che il suo elettorato non sia d’accordo. Daranno, i referendum, un via libera “a tutti i delinquenti pronti a uscire di galera”?
Diversamente dal passato, in televisione, l’altro giorno, Berlusconi mi è apparso cupo, pessimista. Eppure, la sua “dote” nel ’94 consisteva nell’ottimismo. Amo l’Italia paese dove i ristoranti sono pieni; il cielo senza nuvole. Le sinistre invece piangono; vogliono farci piangere. Adesso, invece, il videomessaggio si è chiuso sulla “catastrofe”.
Va bé, si può capire il pessimismo; è stato condannato a quattro anni per frode fiscale. Dice Berlusconi: Sono innocente. Venti anni senza realizzare riforme dipenderebbero dai bastoni tra le ruote che gli hanno messo gli alleati. Tuttavia, senza gli alleati non avrebbe vinto. Dice pure che è colpa della sinistra che ha insufflato i magistrati: Magistratura democratica in primis.
Quello stesso centrosinistra che governa insieme al suo partito. E che, per Renzi, deve diventare “cool” dopo aver “asfaltato” il Pdl. “Toni da guerra fredda” gli ha rinfacciato Epifani che, assieme alla sua gente, si è vieppiù convinto a non firmare i referendum. La giustizia non è più un’urgenza dal momento che l’ex premier del centrodestra ha deciso di firmare lui i referendum. I garantisti del Pd si sono allontanati precipitosamente dai banchetti dei Radicali; i competitors del Partito democratico hanno taciuto. Anche – mi sembra – all’assemblea di via della Conciliazione.
“Per quest’anno non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare”, cantava Jimmy Fontana, la voce degli anni Sessanta. Mi sa che anche la magistratura la pensa così. Tralasciando le esondazioni di alcuni magistrati o l’esistenza di toghe convinte di essere infallibili. Che non hanno senso dl limite.
Sarà paura del cambiamento? Eppure, di cambiamenti ce ne sono purché li si voglia vedere. Incredibile ma prima di laicissimi uomini e donne, se ne è accorto questo Pontefice. Di qui la discontinuità, l’audacia nel “non insistere soltanto” sui principi non negoziabili. La Chiesa di Francesco prova a indicare a se stessa innanzitutto un’altra collocazione. Poi resta il modo di affrontare l’aborto ma anche l’invito “a lavorare di più per fare una profonda teologia della donna”.
Potreste obiettarmi che sono rimasta stregata da un Papa che si descrive così: “Sono un po’ furbo, so muovermi, ma è vero che sono anche un po’ ingenuo”. Tuttavia, il gesuita Jorge Mario Bergoglio possiede “un discernimento che nasce dalla lettura dei segni del tempo”. Noi, invece, siamo sempre allo stesso punto. Bloccati da una ossessione che rende miopi. Eppure, l’urgenza di cambiare la realtà è davanti ai nostri occhi. Anche per uscire da questa situazione di “giustizia ingiusta”.