A voler essere sensazionale potrei cominciare così: lo scorso martedì 11 giugno alla Camera il Pd ha evitato una spaccatura sull’aborto scegliendo l’astensione sul corpo delle donne. In effetti è stata una scelta efficace, per una volta l’attenzione dei media dai guai del Pd si è spostata a Scelta Civica, il partito di Monti, alla mozione di Irene Tinagli, tra l’altro incinta quindi molto spettacolare, presentata in contrapposizione a quella di Paola Binetti. Oppure si potrebbe dire che sull’aborto il Pd ha scelto di fare il pesce in barile. Ha votato solo la propria mozione, e su tutte le altre si è astenuto. Alla faccia delle larghe intese.
Vale la pena di capirne di più, sollevare il velo su questa vicenda che ha una valenza squisitamente politica, intrecciata all’altrettanto politica questione dell’autonomia delle donne oggi così numerose in Parlamento, rispetto ai partiti di appartenenza.
Intanto i fatti, per quanto è possibile ricostruirli. Il gruppo parlamentare di Sel, dopo un intenso lavorio con associazioni, gruppi di donne, la Laiga, l’associazione dei medici non obiettori, presenta una mozione sull’applicazione della 194, con particolare attenzione all’obiezione di coscienza. Un problema drammatico, per le alte percentuali di medici obiettori, una media nazionale di quasi il 70 per cento, con punte elevatissime, come il 91,3 per cento nel Lazio. Dopo Sel, altri presentano loro mozioni, a cominciare dal Pd. Il tentativo di trovare una formulazione comune, come era avvenuto per la violenza sulle donne, non riesce. Ma c’è un interesse della ministra della Salute Beatrice Lorenzin (Pdl), e con la mediazione della sottosegretaria ai rapporti con il parlamento Sesa Amici (Pd) si arriva ad alcuni cambiamenti. In particolare Lorenzin chiede che non si attribuisca al suo ministero una responsabilità che non ha, quella di organizzare il lavoro dei medici, delle strutture sanitarie, che compete alle regioni. E si impegna, prima del resoconto annuale in Parlamento sulla legge 194, che avverrà a luglio, a incontrare le regioni sulle questioni dell’attuazione e dell’obiezione di coscienza. Le mozioni hanno sfumature diverse, lo si vede dai resoconti parlamentari, come le modificazioni apportate. Alle sei mozioni presentate, nel corso della seduta di martedì 11 se ne aggiungono altre tre, fuori dall’ordine del giorno. Di Paola Binetti, Irene Tinagli, Giorgia Meloni. Nove, in totale, più un indirizzo di Pia Locatelli. La discussione in aula, nella mattina, accanto al lavoro che porta a concordare alcune modifiche, e a un’intesa, che dovrebbe sfociare in un voto condiviso. Tra Sel, Pd, e anche Pdl.
Al momento della votazione, (dichiarazioni di voto) la grande sorpresa. La prima mozione messa in votazione, quella di Sel, su 507 presenti, vede 254 astenuti. La mozione del Pd, subito dopo, su 510 presenti, di astenuti ne conta solo 42, i votanti sono 467. Lo stesso schema vale per tutte le altre mozioni. Il Pd si astiene sempre, anche su Binetti, Meloni, Rondini (Lega Nord), le più distanti, sembrerebbe, da chi ha cuore l’applicazione della legge 194, quelle che in ogni caso vengono respinte.
Allora, cosa è successo? Una normale vicenda parlamentare, in epoca di intese larghe, ma slabbrate? E che dire dell’inedita maggioranza, tra pezzi di Pdl, pericolosi estremisti come Sel e M5S, una ministra come Beatrice Lorenzin? Ancora. Se quella che vediamo è la messa in pratica di una vera trasversalità tra donne, perché tante del Pd se ne sono tenute fuori, visto che alcune/i parlamentari del Pd (Franca Agostini, Anna Rossomando, Michela Marzano, Ivan Scalfarotto), fanno sapere di avere votato anche la mozione di Sel? Si potrebbe obiettare: nella sostanza il governo ha accolto l’indirizzo, adesso bisogna vedere se manterrà l’impegno.
A mio parere è in ballo la fiducia, il senso dell’azione politica. Chi devono considerare le donne, in generale i cittadini, come loro referente, se basta il fantasma di Paola Binetti, come si sussurra nei corridoi, a far saltare accordi e scelte? Se cioè la ragione di partito è più forte?
Un’ultima considerazione. Di tutta questa vicenda si sarebbe capito ben poco – a parte la spaccatura di Scelta Civica – se Luca Telese non avesse scritto un articolo online intitolato Pd spaccato sull’aborto e superato dal Pdl a sinistra. Non solo i media hanno glissato, ma anche le parlamentari non hanno trovato la via per informare delle loro attività. Eppure non mancano blog, pagine facebook, siti di partito. Questo per dire che per fare notizia bisogna anche imporle, le notizie.
Resoconto, votazioni e mozioni si trovano qui