Papa Francesco mi ha affascinata con la sua affermazione sugli “uomini che fanno più fatica a credere delle donne”. Mi sono detta: ha aperto una strada e l’ho seguita un po’. Intanto dice pubblicamente della difficoltà maschile a credere a quello che vedono, sentono e toccano.
Per me è come dichiarare pubblicamente che fanno più fatica delle donne a leggere immediatamente la realtà che gli si para davanti. Rimangono più facilmente ancorati a quella che non c’ è più ma credono dovrebbe ancora esserci, e come frastornati non sanno leggere né interpretare velocemente la nuova che già c’è per trarne le dovute conseguenze; per cui apriti cielo…
Non la vedono, non la sentono, e se anche la toccano non sanno toccare e devono mettere, infilare il dito nella piaga per credere: fare male per credere.
Per fortuna che Gesù era risorto e probabilmente non sentiva più il male, ma se non si trattasse di Gesù quale sarebbe il livello di male che si chiederebbe per credere all’altro o all’altra che si ha davanti? E’ vero, non sono tutti come Tommaso, ma Francesco ha fatto proprio il suo esempio per indicare la difficoltà maschile a credere. E se lo ha fatto lui che è Papa, ed è un uomo, un motivo di verità su come gli uomini cambiano lentamente la visione della realtà che hanno davanti ci sarà, non solo a livello religioso.
E lo sappiamo anche noi donne che c’è un motivo, anche se non sempre con chiarezza.
Certo Francesco non è un italiano, è italo argentino, viene dalle “periferie” e forse legge più facilmente del resto dei suoi attuali connazionali la relazione uomo donna, qui ancora lacerata da un patriarcato clericale e politico congelato in un non sentire e un non vedere e un non saper toccare antichissimo e inattuale se persino uno d’oltreoceano, appena arrivato, è riuscito a farlo sottintendere parlando dal soglio pontificio.
Ma mi chiedo: come fanno a non sentire, almeno con le orecchie del cuore, gli uomini? Come fanno a stare sempre uno o più passi indietro nel vedere il mondo rispetto alle donne che credono subito alla realtà mutata che hanno davanti, e si danno la libertà di parlarne e di annunciarla, come persino duemila anni fa? E poi come fanno a pretendere di governare maschilmente e bene il mondo?
Non credo che nel non sentire possa entrarci molto la sbandierata crisi attuale del padre o di quel che ne resta, è qualcosa di più profondo che sta prima dell’essere padre, che sta proprio nell’essere uomo e che definisce anche il padre. Il Papa ce lo ha messo sotto gli occhi parlando di Pietro e Tommaso discepoli e nel chiedere alle donne di dare ancora testimonianza quotidiana della resurrezione di Gesù perché gli uomini fanno “più fatica”.
A Francesco sembra che le donne a credere facciano poca fatica; ma non è questione di fatica, forse è questione d’ altro. Magari di un altro sguardo sul mondo, di un altro modo di essere uomini. Riguarda anche Francesco, che però ha sentito l’esistenza di un problema maschile: è ora d’indagarlo meglio e non ci potrà essere nessuna di noi che potrà aiutare i maschi con la testimonianza se ancora non hanno fatto tutta la fatica che Francesco pensa necessaria per credere.
E allora se pensa che non facciano abbastanza, forse si deve rivolgere direttamente agli uomini, senza mediazioni femminili millenarie, e chiedergli come possono intendere più realmente la loro testimonianza quotidiana della resurrezione. Che non è un problema di testimonianza di donne, come lui ha sottolineato, ma di uomini: il sapere con tutto te stesso come leggere davvero quello che ti si para davanti. Non possiamo fare noi la fatica che Pietro e Tommaso hanno rifiutato e poi accettato se non facendo quasi male.
Non possiamo aiutarti Francesco se anche tu non fai la fatica di interrogarli direttamente sulla loro. Noi non facciamo miracoli, creiamo la vita e basta, continuamente, ed è il nostro miracolo meno riconosciuto, figurarsi la testimonianza. E’ un problema loro che non si scalfirà strizzando l’occhio alle donne. Dovrai usare tutta la tua differente autorevolezza maschile e magari affinarla ancora per insegnare come imparare a vedere sentire e toccare senza fare male, perché troppi prima di te non l’hanno fatto.