Firmare una petizione lascia il tempo che trova, però io ho firmato la petizione di Viola Tesi #Grillodammifiducia. Insieme a me credo duecentomila persone, uomini e donne. E’ la democrazia elettronica, bellezza. Benedetta dal partito dei Piraten e compagnia cantando.
Ho tutti i dubbi di questo mondo su una pratica senza voce e senza corpo, che va presa come mezzo organizzativo e poco più. Tuttavia, qualcosa in più ci si trova. Almeno nella situazione italiana, nel pareggio a tre del dopoelezioni.
Ci si trova il coinvolgimento di tanti e tante, l’offerta di cittadinanza attiva, più uno scambio orizzontale che butta a mare la rappresentanza, o piuttosto, che ne dimostra crepe e fessure, ormai diventate voragini. Grillo la rappresentanza l’ha contestata. Soprattutto con i quaranta voti dati via web per mandare in Parlamento un/una rappresentante del popolo sovrano. Roba da non crederci dopo tutte le primarie e parlamentarie e giri di valzer per mettere questo che non era stato votato e togliere quello che altresì era stato votato.
Certo lui è il capo, il boss, quello che comanda. Deve essere duro stare a questo gioco ma intanto ha dato una scossa a un sistema immobile, che tira a sopravvivere.
E pazienza se tra i sostenitori di Grillo si trovano dai simpatizzanti di Forza Nuova agli animatori dei comitati per l’acqua, dagli ambientalisti agli odiatori della casta. La distanza troppo grande tra chi ha bisogno e chi non ne ha, tra chi chiede e chi non ascolta è stata colpita, anche se non affondata. Arroganza, privilegio? Ho letto la testimonianza di un handicappato sul “Mattino” di Napoli. Andava a sostenere un colloquio per un posto di lavoro. Non ha trovato posto, nel senso di spazio vitale per la sua carrozzella. Quanto al posto vero, glielo hanno promesso purché sia disposto ad andare al Nord. Dovrà spostarsi, muoversi: in carrozzella, evidentemente.
Perciò una come me firma la petizione perché pensa che finalmente si svuotano le formule di governo istituzionale, di scopo, di minoranza, governissimo, tecnico travestito e nemmeno svestito per una intera pagina. Todo cambia. D’un colpo il pareggio a tre ha mandato a casa leaders di partiti inesistenti. Non li vedremo più seduti in prima fila, almeno per un po’. Ancora liste elettorali? No grazie. Al Bano ha ragione di cantare “Felicità”.
Canta pure chi non vuole il rigassificatore, il termovalorizzatore, il bilancio europeo, Equitalia, l’Imu e il 41bis. Va bé, non succederà niente. Promesse, solo promesse lanciate a partire dagli anni Ottanta dal “fenomeno da baraccone” (senti chi parla, il difensore delle istituzioni Berlusconi). Però queste promesse non dispiacciono. La melodia, una specie di “Gangnam Style” ha infettato cuori e menti. Bersani si è convinto, speriamo che non sia fuori tempo massimo, a mettere al primo posto dei suoi otto punti di governo che “l’austerità da sola ci porta al disastro. Tutti devono mettersi in testa che il rientro dal debito e dal deficit è un tema che va spostato nel medio periodo”.
Mica tanto diverso dal programma di Syriza, la Coalizione della sinistra radicale greca: giacché i programmi di “salvataggio” dei paesi dell’Europa del Sud sono stati un fallimento, “occorre una riduzione significativa del valore nominale del debito pubblico cumulato; una moratoria sul pagamento degli interessi, in modo da poter dirottare gli importi risparmiati sulla ripresa”.
Dunque, il movimento Cinque Stelle dopo Parma e la Sicilia, con i lavoratori autonomi e gli imprenditori veneti, va all’assalto del Parlamento. Però ci porta anche cose vere, che interessano la vita. Vediamo se ci tiene veramente. Per questo ho firmato la petizione di Viola Tesi.