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Microcritiche/ La fatica del distacco da un essere amato

3 Marzo 2013
di Letizia Paolozzi

“Re della terra selvaggia”, regia di Ben Zeitlin, con Quvenzhané Wallis –

Un film a basso budget con una straordinaria (forse troppo e il troppo diventa a tratti stucchevole) attrice-bambina che aveva cinque anni quando ha girato “Il Re della Terra selvaggia”, storia di cura e di dolore. Hushpappy vive in una delle baraccopoli diffuse sulle paludi della Louisiana del sud. Accanto a lei una comunità di sopravvivenza, asserragliata nella Grande Vasca. In alcuni momenti, il racconto scivola nel documentario sulla brutalità della natura, imitata dall’incapacità dei protagonisti di toccarsi, di concedersi una carezza. Nessuno vuole abbandonare le paludi all’annuncio dell’uragano Katrina. Nessuno oltrepasserà la diga che segna il confine con la civiltà: non si deve mai lasciare la terra dove si è nati giacché “l’intero universo è costruito dall’unione di tutti pezzi giusti” dice Hushpappy che ascolta il cuore degli animali e impara “a prendersi cura delle persone fragili e deboli”. Anche del padre, Wink, uomo arrabbiato, solitario, in attesa di morire. Ai bambini d’altronde non mette paura la lotta con aria acqua terra fuoco ma la morte. E il cuore del film sta, appunto, nel passaggio alla maturità, accettando la fine e il distacco da un essere amato.

 

 

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