Chissà se Pierluigi Bersani riuscirà a ottenere l’incarico pieno da Napolitano e la fiducia di questo parlamento. Allo stato attuale, pare esista un cinquanta per cento di possibilità Sì e un cinquanta No. Qui è inutile fare previsioni. Piuttosto, al di là dell’inseguimento dei grillini con l’offerta da parte del segretario del Pd di un governo con una lista di nomi immaginifici e da “fantasia al potere”; al di là dell’insistenza, anzi, della testardaggine che non so quanto avvantaggi lui, il suo partito e soprattutto il Paese, sono stupita che in pochi giorni, con una rapidità incredibile, Bersani abbia perso quel patrimonio di autorevolezza accumulata con l’elezione dei presidenti delle Camere (Boldrini e Grasso).
Altrettanto stupita sono rimasta per l’affaire (Giulio) Terzi (di sant’Agata), piombato improvvisamente a peggiorare il clima, a incupire lo scenario sulle spalle dei due maro’. Dell’ex ministro degli Esteri è stato detto tutto il male possibile: insipienza, ambizione, futilità. Macerie sulla diplomazia italiana. Come non bastassero gli altri mucchi di macerie che ricoprono il paese. La vicenda delle dimissioni di Terzi, dello scontro con il ministro della Difesa, spinge quasi a rimpiangere un altro ex capo della Farnesina, Franco Frattini, il quale, in fondo, non commetteva errori se non quello di comparire nei momenti meno indicati in tuta da sciatore sugli schermi televisivi.
Con questa vicenda abbiamo però incontrato nuovamente un male che ghermisce i nostri politici: la vanità. Anche Mario Monti, l’ancora capo dell’esecutivo, ne ha sofferto. Lo dimostra il suo essere “salito” in politica; l’aver preteso (senza successo) il ruolo di presidente del Senato per poi passare (nei sogni più rosei) al Colle più alto; la dissipazione, che si è procurato da solo, di un gruzzolo di autorevolezza accumulato.
Dunque, plana sull’Italia quella parola un po’ antica, la vanagloria di chi mette se stesso avanti a tutto e tutti. Per estensione, l’attributo, il vizio, il male, potremmo rintracciarlo pure tra quanti, eletti/e del Movimento 5 stelle, sono andati a sedersi sugli scranni di Montecitorio e di Palazzo Madama per annunciarci che loro non voteranno mai un governo per non confondersi con l’orribile partitocrazia. Se ne deduce che mai e poi mai mostreranno un qualche interesse per qualsiasi tipo di norma, buona o cattiva che sia? Giurano che voterebbero i provvedimenti che coincidono con il loro programma, ma intanto si oppongono a qualsiasi governo che non sia a 5 stelle. Nell’incontro con Bersani la capogruppo grillina alla Camera Roberta Lombardi è stata molto antipatizzante: a che serve incontrare tutte le organizzazioni sociali come ha fatto il segretario del Pd? Loro, i grillini, non rappresentano, ma sono direttamente tutto quel che conta nel paese, e hanno un programma per i prossimi trent’anni!
Penso che sempre di vanità si possa parlare quando abbiamo ascoltato la disfida del presidente del Senato, Piero Grasso, con Marco Travaglio (peraltro vanagloriosamente assente), andata in onda su La7. Capisco che l’ex procuratore antimafia non sopporti “gli inciuci” ma è davvero parola adeguata alla seconda carica dello Stato? E una ricostruzione che chiama in causa procuratori, “caselliani”, “anticaselliani”, pentiti, collaboratori di giustizia, indagini, sentenze, giudizi, pregiudizi, aiuterà sul serio la giustizia?
Contro l’epidemia che sta mietendo vittime nel nostro povero Paese, temo non ci sia medicina adatta. Una volta erano le donne a ammalarsi, adesso sono in maggioranza gli uomini colpiti dal morbo? Il presidente della Repubblica, quello che verrà e sul quale pare ingaggiata la battaglia tra partiti, potrebbe distribuire qualche penitenza. Una minaccia che non appartiene allo Stato laico, osserveranno gli eternamente insoddisfatti. Bé spiegatemi un altro modo per esprimere pubblica riprovazione di questa fiera delle vanità.