Questo articolo, con il titolo “Il voto in Sicilia e la scelta del cambiamento” è pubblicato anche nel sito www.maestraleonline.it.
Chi ha vinto davvero in Sicilia? Crocetta con la sua coalizione tra Pd, moderati dell’Udc, e liste attribuite alla “società civile”? O l’astensione, scelta dalla maggioranza degli elettori? O invece il neopartito “contro tutti” di Grillo, che si aggiudica come forza politica il risultato migliore?
Per Ilvo Diamanti la cosa certa è la sconfitta clamorosa di quella che una volta era la Sicilia “azzurra”, anzi “zona blu”. La terra che aveva consegnato il cappotto dei 61 collegi a 0 per l’esercito di Berlusconi. Una delle due radici forti del suo potere lungo il ventennio della “seconda repubblica” (l’altra è – anzi anche per questa meglio dire era – il Nord dell’alleanza con la Lega).
Ma è tutta la “polis della seconda repubblica” a essere ridotta in macerie. Ed è su queste macerie che emerge l’affermazione del centrosinistra di Crocetta. Per lui si tratta di una svolta “storica”: quando mai avrebbe potuto vincere in Sicilia un sindaco antimafia, di sinistra, e per di più orgogliosamente gay? E “storico” è l’aggettivo che usa un soddisfatto Bersani. Anche se di fronte all’entità dell’astensione e del voto di protesta il politico-filosofo Massimo Cacciari dice che chi esulta per la vittoria è come “un ubriaco che canta nel cuore della notte”.
A me sembra che dall’innegabile rivolgimento siciliano venga un suggerimento non privo di contenuto “filosofico”: dopo tanta retorica sul significato del termine “crisi” desunto da una traduzione (non so quanto fondata) dal cinese, basata sul binomio “pericolo/occasione”, forse è meglio tornare alla radice occidentale e greca del termine. Krisis dal verbo krino, che vuol dire separare, decidere. A una situazione se ne sostituisce, traumaticamente, un’altra. E io devo misurarmi con questo cambiamento e decidere come reagire.
Insomma, il voto siciliano, come il responso di una Sibilla, esorta a scegliere. Il centrosinistra deve scegliere come strutturarsi e quale capacità di ascolto rivolgere a un elettorato profondamente deluso, ma anche desideroso di cambiare. Grillo deve decidere se dar vita a un vero e proprio partito, al quale non basterebbe più l’uso verticistico della rete (e ieri questo forse risuonava in quel suo ripetere, in vista delle elezioni politiche: “ora dateci una mano”). Sel e Idv devono scegliere se rincorrere la pura protesta o portare un punto di vista più radicale in una responsabile alleanza per il governo. La destra deve trovare il coraggio di emanciparsi dalla tutela ingombrante di Berlusconi.
Forse, di fronte a opzioni chiare, anche i cittadini potranno scegliere di tornare a votare. Senza dimenticare che la politica, la politica che cambia il modo di pensare e che da senso e tiene insieme le nostre vite, non si svolge solo nelle istituzioni della rappresentanza e non si esaurisce in una cabina elettorale.