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Viva le nuove famiglie, abbasso il matrimonio

4 Agosto 2012
di Letizia Paolozzi

Io sono contro il matrimonio. Tra gay e, aggiungo a precipizio giacché vedo già le facce costernate, tra eterosessuali.

Di matrimonio ce n’è uno, giuridicamente regolamentato. Di famiglie ce ne sono tante, una costellazione. Quella “naturale”, fondata sull’accoppiamento carnale tra uomo e donna, sul padre e sulla madre, ha assunto, per fortuna di noi appartenenti al sesso femminile, forme più desiderabili: mono, omoparentali, ricomposte, adottive. Si può vivere sotto lo stesso tetto tra amici, amanti, parenti. Dello stesso sesso o non che siano.

Dico “per nostra fortuna” giacché il matrimonio tradizionale (che certo confermava la famiglia ma interveniva anche a riparare le donne dalle intemperanze maschili) ha giocato in realtà contro il mio sesso: fate figli, curateli, cresceteli. In casa. Niente grilli per la testa che si tratti di lavoro o di libertà femminile.

“Tagliando la testa del re, la Rivoluzione ha fatto saltare la testa di tutti i padri di famiglia”. Non per contraddire Balzac ma la testa del “pater familias” secondo me è saltata grazie alle donne assieme a un ordine patriarcale repressivo, assieme alla “legge del padre” (con buona pace di Lacan).

Le donne (il nuovo diritto di famiglia ci ha messo del suo) spingono per altre forme di convivenza, meno asimmetriche, meno ingiuste, meno diseguali.

Il matrimonio giuridicamente regolato è ingiusto. Perché ha requisito l’estensione delle coperture assistenziali, i diritti ereditari, gli alimenti in caso della fine del rapporto, il diritto a assistere e visitare il compagno malato in ospedale.

“Perché noi no?” Si capisce che tanti (e tante) ormai pretendano il riconoscimento alla propria affettività, all’aiuto reciproco, ai legami sociali e individuali.

Dal rifiuto di un ordine famigliare soffocante si è passati al desiderio di integrazione nella famiglia. Ma questa voglia di essere “normali” ha proprio bisogno della legalizzazione vera e propria delle nozze? Con il risultato di preparare il terreno a una battaglia nominalistica sulle nozze gay. Lo scenario della catena di fast food americana Chick-fil-A con la sua difesa della “definizione biblica della famiglia” non ha nulla di attraente.

So bene che in tanti paesi l’omosessualità è ancora considerata un delitto; che l’orientamento sessuale può essere punito addirittura con la pena di morte mentre l’omofobia e la discriminazione sessuale si infilano nelle pieghe delle società occidentali. Ma dubito che le nozze gay sconfiggeranno tutto questo.

Foucault sosteneva che lo sguardo sociale e la stigmatizzazione insita in quello sguardo hanno plasmato le identità omosessuali. Adesso, grazie allo stesso Foucault, Palazzeschi, Virginia Woolf, Pasolini, ai film di Fassbinder, alla rivolta allo “Stonewall Inn” di Manhattan, al Gay Pride, le chat, esiste una “presa di parola” che ha prodotto invenzione, cambiamento. Al contrario del matrimonio giuridicamente riconosciuto.  Per questo, almeno tra le donne, c’è qualcuna che pensa sia meglio scavargli la fossa.

 

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