Ho firmato la lista degli aderenti al manifesto “Fermare il declino” (www.fermareildeclino.it) principalmente per ristabilire la quota proporzionale femminile. E poi chiaro che i loro obiettivi mi interessano.
“Loro” sono i liberisti firmatari dell’appello (Alessandro De Nicola, Oscar Giannino, Luigi Zingales, l’Istituto Bruno Leoni e i redattori del blog Noise from AmeriKa, rispettivamente reperibili su www.brunoleoni.it e www.noisefromamerika.org), economisti che da lungo tempo fanno le pulci, passano al setaccio le azioni del governo Berlusconi prima e di quello Monti ora, criticando aspramente ma con toni insolitamente sobri e concreti per il panorama nazionale le politiche fin qui intraprese e regalando non poco panico a chi legge o ascolta la radio (Giannino conduce su Radio24 la trasmissione quotidiana La versione di Oscar), con il buon fine di aiutare chi legge e si appassiona a comprendere la morsa fiscale dello Stato, le falle nei provvedimenti, il lago scuro dello spread e dei titoli di Stato . Nella canicola ferragostana i nostri hanno lanciato sito e manifesto, con dieci punti raccolti sotto l’imperativo, appunto, di Fermare il declino: proposte da attuare il prima possibile per evitare che l’Italia sprofondi e che i partiti ritrovino spunti di concretezza prima delle prossime elezioni (che non so a voi, ma a me terrorizzano).
Le proposte vanno dal carattere generale (far funzionare la giustizia, restituire ruolo e spessore alla scuola e all’università) a temi più specifici, come la riduzione dei punti di pil, le dismissioni dei beni dello Stato, la riduzione della pressione fiscale di cinque punti in cinque anni. Roba da tecnici, hanno pensato in molti e in effetti la lista dei primi firmatari era veramente radical-imprenditorial-university-chic, perché vi compaiono essenzialmenete professori e manager. Poi la raccolta delle firme estive ha raggiunto quota 15.000 (elenco puntualmente aggiornato sul sito) e così mi sono convinta e ho firmato.
Dicevo appunto perché, anche nelle discussioni in rete sul sito sono quasi sempre gli uomini a intervenire e non va troppo bene. Poi perché su alcuni punti del manifesto voglio dire la mia (e si vede che forse le signore erano poche mentre lo scrivevano:-)) e spero proprio che si facciano vivi gli organizzatori, che hanno chiesto ai firmatari se volevano aderire a futuri gruppi di lavoro e discussione su singoli temi. Prendiamo il punto 8: Liberare le potenzialità di crescita, lavoro e creatività dei giovani e delle donne. C’è di nuovo una contrapposizione tra punti a carattere generale e punti più specifici, ma sono convinta in particolar modo che i giovani e le donne non sono due categorie che vanno messe insieme (come invece accade sovente): perché hanno in comune l’alto tasso di disoccupazione ma non altro. Gli uni appartengono a decadi ben precise, le altre no; le latre hanno fatto magari percorsi professionali lavorativi e familiari che i giovani devono ancora sperimentare. E poi i figli, le famiglie allargate e numerose e ovvie altre considerazioni che pongono di conseguenza donne e giovani in due condizioni per alcuni punti analoghe ma per altri profondamente differenti. Fare queste distinzioni è importante sin dall’inizio dell’opera, esattamente come la necessità di sottolineare che i punti di pil devono essere conque e magari non sei.
Sui siti qui indicati appare infine una maggioranza di approfondimenti economici, vista la professione dei firmatari, ma serebbe bene iniziare ad affrontare anche il resto, dato anche l’apprezzabile rigore per i numeri della crisi, la diffusione di rassegne stampa straniera e l’ampio abaco di soggetti intervistati e intervenenti. Non so se Fermare il declino (FiD) diventerà nell’immediato un soggetto politico o un movimento del tipo 5Stelle, ma potrebbe consolidare la dimensione di movimenti di opinione, di lobbing, se promette di mantenere una buona percentuale di “trasversalità” rispetto ai temi e alla capacità di coinvolgimento di più soggetti.
Di certo occorrerà esplicitare, chiedere e sollecitare posizioni e punti di vista femminili, per non correre il rischio di “pendere” verso il declino del maschile.
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