E’ difficile dire addio a Luciana Viviani che è stata una vera donna di Napoli. Figlia di uno dei grandi maestri del teatro napoletano, Raffaele Viviani, Luciana è una di quelle figure che al meglio rappresentano l’intreccio stretto tra la storia del nostro paese e le sue vicende familiari e personali. Ripercorrendo la sua storia tutta particolare meglio si capiscono quei tratti peculiari del suo carattere che le hanno permesso di essere fino alla fine libera, alla perenne ricerca di nuovi approdi, politici ed umani, aperta al nuovo e curiosa fino alla fine. Nonostante il suo percorso a prima vista quasi ortodosso, Luciana ancora negli ultimi anni della sua vita diceva con semplicità che i suoi ultimi incontri importanti erano stati con il femminismo e con la psicanalisi.
Nata nel 1917 a Napoli, Luciana è cresciuta nell’ambiente dell’arte e degli artisti, un inizio che credo abbia profondamente influenzato un carattere intellettuale ed umano sempre alla ricerca di nuovi stimoli, aperto alla discussione ed alla creatività. E’ con questo approccio ( e lo ha raccontato lei stessa con grande raffinatezza nel suo libro Le Viceregine di Napoli) che Luciana ha incontrato donne che hanno contribuito alla sua formazione in maniera determinante. Mariuccia e Fafina, portatrici di quel tipico sapere femminile fatto di parole e di leggende ereditate, di consuetudini e di capacità pratica, di grande umorismo anche di fronte alla difficoltà. Le stesse difficoltà che con grande ironia lei ha superato durante gli anni di collegio, quelli in cui pur essendo una donna di mare ha imparato ad odiare il pesce, quelle durante la sua adesione alla resistenza al nord e poi di nuovo giù a Napoli dove ha continuato l’attivismo contro il fascismo in compagnia di suo marito e di suo figlio, affrontando lunghissimi periodi di povertà, senza mai dimenticare i deboli e l’aiuto ai bambini che amava moltissimo.
Poi la croce al merito per la Resistenza e l’adesione al partito comunista. Già nel 1945 si impegna nel partito e nel 1946 è candidata a Napoli. Pare fosse formidabile nei suoi comizi, memore di tutta la capacità narrativa e teatrale della sua famiglia, capace di attirare consensi e di ispirare sentimenti, coraggiosa donna che ha attraversato con le sue parole tanti paesi e paeselli della nostra penisola, a volte tutta sola, come avvenne ad esempio in Sardegna, quando in un piccole paese raccontava di aver fatto un’intero comizio quasi di notte, con nessuno presente, ma con tante orecchie che la ascoltavano silenziose dietro le finestre chiuse ma illuminate.
Luciana è stata una delle prime parlamentari nel nostro paese, una costituente, una donna che si è sempre battuta per la libertà e l’emancipazione. Anche questa una lunga storia femminile che l’ha vista protagonista fino alla fondazione dell’Udi. Di questa organizzazione non solo è stata una grande protagonista ma una grande elaboratrice politica. E’ a personalità come la sua che dobbiamo l’apertura di quel grande ragionamento femminile che per lunghi anni ha costruito il percorso di molte generazioni di donne che dell’emancipazione e del senso di appartenenza all’universo femminile hanno fatto tesoro nella militanza all’interno delle grandi organizzazioni partitiche e sindacali.
La sua grande apertura intellettuale, che univa la politica alle letture dei grandi romanzi di formazione, il suo sguardo sempre curioso sulla società e sulle persone che ha incontrato nella sua vita, ad esempio la sua compagna Rosetta, hanno fatto si che Luciana senza troppe difficoltà incontrasse il femminismo della differenza. Un incontro avvenuto con armonia e senza alcuno smarrimento di sé e del suo percorso emancipazionista. Capace di cogliere il nesso e la continuità, capace di accogliere le donne che venivano dopo con grande generosità e amore. Anche per questo Luciana non si è sottratta alla responsabilità dello scioglimento dell’Udi, come pure non si è sottratta dal ritirarsi dalla vita politica attiva quando ha sentito che il suo tempo era finito. Una differenza impressionante dai tanti uomini che a ben guardare pur della sua generazione hanno avuto difficoltà e reticenza ad interrompere un percorso. Forse perchè Luciana era una donna che sapeva voltare pagina scrivendo cose nuove, cercando cose nuove e trovando cose nuove. E così la sua partecipazione ai tanti convegni femministi, il suo desiderio di nutrirsi della parola di chi veniva dopo senza mostrare mai saccenza o aggressività. Luciana non era una donna matriarcale, convinta che la sua sola autobiografia dovesse essere un peso su chi veniva dopo, un potere da esercitare. Luciana era libera da questi rapporti, convinta delle sue ragioni ma sempre attenta alle continue contraddizioni che la vita riserva.
Luciana amava il mare, amava nuotare libera, la barca, superare i faraglioni di Capri dove appena poteva si rifugiava. Luciana anche da malata è riuscita a tornare lì, ad esempio alcune estati fa, e anche se ormai i suoi occhi non le permettevano di leggere i suoi adorati libri, Luciana ha continuato ad ascoltare i discorsi, le parole, a guardare con i suoi occhi sempre vispi e allegri, di quella allegria tutta napoletana, le persone che amava e l’orizzonte.
Ciao Luciana.