Venerdì 11 maggio alle ore 21 si svolgerà a Correggio un incontro organizzato dalla Cgil in collaborazione con il gruppo “6donna” con il titolo “Io donna… tra lavoro di cura e cura del vivere”. Interverranno Letizia Paolozzi, del “gruppo del mercoledì” che ha scritto il testo “La cura del vivere”, Alberto Leiss, dell’associazione Maschileplurale, coordinerà Ramona Campari, della Camera del Lavoro territoriale di Reggio Emilia. Questo incontro, che avviene nell’ambito di un ciclo organizzato dalla Cgil con al centro il ruolo delle donne e delle lavoratrici nella crisi, prosegue idealmente il confronto già tenuto a Reggio Emilia il 13 aprile scorso, per iniziativa di “6donna”, con la partecipazione di Letizia Paolozzi, intitolato “il rovescio della cura”. Pubbichiamo qui di seguito un resoconto di quella discussione.
“Rovesciare la cura?”
Incontro a Reggio Emilia con Letizia Paolozzi sul documento “La cura del vivere del Gruppo del mercoledì” di Roma.
Introduce Luisa, leggono Carmen e Clelia estratti dal documento.
Letizia Paolozzi: negli incontri fatti fino ad oggi in giro per l’Italia assisto ad una sorta di sdoganamento, almeno così viene chiamato, di ciò che si muove intorno alla cura. Molte nel gruppo romano del mercoledì hanno all’inizio avuto critiche e obiezioni: io stessa non credevo a dei nuovi ragionamenti sulla cura, perché dietro si nasconde la parola amore e quei gesti che oggi pensiamo di appaltare a terzi.
Tuttavia, nel leggere la cronaca di oggi i suicidi di questi giorni molto ci raccontano di solitudine, di individui che non trovano risposte in alcuna dimensione associativa (partiti, sindacati ecc.). Ascoltare, aiutare gli altri… La solitudine sta anch’essa nella cura. Di qui un corpo a corpo con la cura, che però non può avere solo un senso: noi la facciamo nelle nostre relazioni femministe e di questo ci contentiamo.
Abbiamo cominciato a ragionare sui nostri meccanismi, sull’autosfruttamento che abbiamo conosciuto, sulla debolezza nostra e altrui, sull’autosufficienza. Sulla vita che nasce e muore. All’Aquila dopo il terremoto sono le donne a essersi mosse. Se c’è qualcosa di umano è fatto dalle donne. E tutto questo dice dell’infinita competenza delle donne a stare nella complessità della vita. Allora, manutenzione della vita vuol dire soltanto essere oblativa? I giovani padri di oggi dimostrano anch’essi di saper praticare la cura. Certo, se resta invisibile, la cura è svalorizzata. Occorre trovare punti concreti per valorizzarla. Vogliamo un riconoscimento perché sennò si svalorizza la relazione umana. La ministra Elsa Fornero e molti con lei usano un linguaggio negativo, immiserente per la cura. Ma così facendo ci dicono che tutto va misurato col denaro.
Invece dobbiamo partire da ciò che abbiamo pensato e stiamo pensando sul lavoro. Che non c’è separazione tra produzione e riproduzione. D’altronde, la cura di sé è ciò che il femminismo ci ha insegnato. Come partire da sé, autocoscienza, relazione.
“Se non ora quando” ha poca cura della storia del femminismo. Prima del 13 febbraio, data della grande manifestazione di Snoq, non c’è nulla. Tutto dimenticato?
La cura manca alla politica dove vince l’incuria. Con l’applicazione del 50&50 funzionerebbe meglio la politica? Giulia Bongiorno in una lettera al Corriere della Sera si chiede perché le donne oggi non fanno squadra. Dovremo fare squadra come gli uomini? E comportandoci come loro?
Carla C. legge il testo di un intervento di Fanciullacci a Torreglia nel maggio 2011.
Letizia: sono una operaia e non mi trovo bene con le altre donne; qui al nord le donne sono solo apparentemente più uguali agli uomini di quelle del sud; lavorano ma poi pensano solo a questioni di estetica. Critico anche tutte queste donne accudenti coi figli già grandi ancora a casa.
Gianna: non è una scoperta di adesso la riflessione sul lavoro di cura, sulla manutenzione della vita, le donne mettono al mondo il mondo, l’UDI attraverso il giornale e non solo ha ragionato spesso di questo. Il punto è che facciamo fatica a darci valore. Farei una distinzione chiara fra manutenzione e cura. Le giovani sono diffidenti perché per loro noi confondiamo l’amore con le pulizie, la cucina per loro è un lavoro come gli altri, solo più faticoso. Per me alla cura attiene tutto ciò che ‘ legato all’intimo, al sentimento.”
Laura: temo e diffido dalle distinzioni che ci hanno segnato negativamente sempre; lavoro intellettuale/lavoro concreto, alto/basso, sopra/sotto, dobbiamo interrompere tutte queste verticalità. Cito il libro di Ina Praetorius che contiene delle riflessioni utili al ragionamento che stiamo facendo e che tra l’altro si presenta come teologa e casalinga. In fondo anche Steven Spielberg fa dire ad un suo personaggio che vivere è fare manutenzione dell’esistente.
Lorenza: questa melassa è insopportabile, le donne sono sempre perfette, sanno fare tutto, e tutto bene, dal lavoro in carriera alle torte della nonna, ma se ascolto le ragazze che ho in classe noi per loro non siamo di grande esempio, anzi, ci portano come esempi negativi di sfinimento ad inseguire cose. La cura non è bella per niente: i corpi di bambini, uomini, malati, anziani ci vengono addosso, vanno addosso alle donne. A proposito di solutudine, ogni giorno misuro la solitudine dei miei studenti che raccontano di genitori sempre stanchi, sempre affannati e loro sempre soli o sballottati in auto da un appuntamento all’altro. La cura bisogna poterla scegliere.”
Gianna: tu dici ..i miei ragazzi.. quando parli della scuola, quando insegni è cura o lavoro? Sei comunque pagata.
Natalia: anche io faccio poca distinzione fra cura e manutenzione, ritengo sia un valore educante pensare alla cura anche da amministratrice, cosa che gli uomini non fanno. La cura e’ una novita’ cui accedere politicamente. Segue catalogazione delle donne istituzionali rispetto al potere politico maschile: angeli del focolare, mimetiche e collaborazioniste.
Vanni: in Italia abbiamo 11 mila badanti che curano gli anziani e 11 mila famiglie che hanno bisogno della cura. Ho appreso la cura assistendo mio padre immobilizzato. Una cura che può mettere in ginocchio e invece ha raddrizzato una relazione che non funzionava, quella con mio padre. La cura è quasi un talento, un di più, non è una manutenzione, non concordo con quanto detto da Fanciullacci. C’è una differenza di genere, uomo e donna sono differenti. Donne la battaglia è vostra con i vostri uomini.”
Letizia P.: “fino ad ora è stato invocato il valore della cura. Io ho un figlio di quaranta anni, ed averlo vicino mi dà soddisfazione. Ho un rapporto carnale con la cura. Un suo riconoscimento va chiesto. C’è vagamente ma è welfare claudicante che lo Stato ci dà. Lo Stato deve riconoscere la cura che mettiamo nelle relazioni, dentro e fuori dalla famiglia, rispetto alla città. Occorre fare conflitto con lo Stato. Lorenza mi pare che tu non riconosci la differenza di sesso. Vanni, gli uomini non hanno le parole per parlare della cura della vita.
Tina legge l’intervento di Masotto in polemica con il gruppo del mercoledi.
Natalia: sto facendo molta azione di cura con gli anziani, ho deciso di stare lì dentro. Tutti e tutte si nasce da un corpo di donna e dipendiamo per tutta la vita in relazione con gli altri. E questo la politica lo ha dimenticato, da qui la sua decomposizione. Prendersi cura nella educazione, nella malattia e’ un fatto ontologico che fa parte del tenere in vita l’Essere materiale che non e’ scollegato dallo spirituale e dall’intelletto. Come non cadere nella trappola? Io ho ascoltato solo le ragioni dello stare in quella situazione, non ho dato retta a chi mi diceva cosa fare (descrizione dettagliata dell’accudimento dell’anziana madre). Dobbiamo decidere con autenticità cosa è giusto fare per noi. Mi è venuto in mente per spiegarmi, l’esempio della Lonzi e del suo libro “La donna clitoridea e la donna vaginale”…..Tutti facciamo l’amore, ma quello che Lonzi ha messo li’ e’ un “imprevisto” sulla nostra sessualita’, modificandola. Così per la cura, tutte la facciamo ma il documento di Roma per me ha operato una rivoluzione nella consapevolezza di come attraverso la cura si tenga in vita la vita, questo è politica. Il mio modello come quello di Lonzi e’ cercare di seguire la mia autenticita’. Il politico della cura non e’ da tacere, da relegare nel privato. La politica del prendere in cura la vita deve interessare solo a me che la faccio?
Ramona: e’ stato detto che anche il Sindacato considera le donne un soggetto debole nella società e nel mercato del Lavoro:e’ vero. Ma di “questo mercato del lavoro e, soprattutto, di questa organizzazione del lavoro”. Colgo il senso del rischio “trappola”, il Sindacato ha lasciato fare agli uomini. La Cura è differente dal lavoro produttivo, ma la trappola è già scattata e in giro c’è voglia di provare a mettere in discussione le nostre conquiste, anche nel sindacato. Eppure penso che nella nostra attività di contrattazione abbiamo fatto al meglio, scegliendo pero’ dispositivi che permettessero sempre di più di staccarsi con tranquillità dal lavoro per dedicarci alla cura (congedi..,104 ecc.). Non è bastato, i maschi hanno vinto nell’organizzazione del lavoro, mentre noi, ognuna a riflettere per sè; la CGIL vorrebbe riprendere in mano tutta la questione.
Letizia P.: Landini a Milano in un incontro organizzato dall’Ars (Associazione per il rinnovamento della sinistra) e dalla Libreria delle donne etc. ha simpaticamente ammesso che del nostro ragionare sul lavoro non ne capisce nulla.
Zubida: la cura è un dono naturale, non deve essere una colpa, è al centro dell’universo. Oggi è per me superato chi dice che l’uomo non fa niente in casa. Sono una marocchina e temevo che sposando un pakistano avrei dovuto servirlo, invece mio marito mi aiuta. Io sono una vittima del precariato e della flessibilità, a Natale sono stata licenziata e ora lavoro in un cantiere in cui è vietato parlare. In fondo noi donne mussulmane non siamo molto differenti da voi, sarebbe importante confrontarsi.
Carla R.: credevo di avere qualche idea chiara sulla cura, adesso mi si sono confuse tutte. A Lorenza volevo dire che e’ fondamentale partire da se’, ma anche dagli altri. Per me la cura e’ in un rapporto che ho con un’amica alata. Epocale oggi che le donne se la riconoscano, credo che le defaillance del movimento femminista degli anni ’70 vadano attribuite a questa assenza. Rimane comunque molto complesso affrontare questo argomento. Quello della Cura e’ sempre un pensiero incarnato.
Clelia: con il documento romano ho potuto finalmente ricongiungere pezzi di me che fino ad ora erano rimasti separati dallo stipendio alle casalinghe, al clero che voleva le donne chiuse in casa, al partito dove si e’ inventato il lavoro di cura, come se fossi in una fabbrica, per dare valore alla mia cura. Finalmente posso confermare anche la mia biologia. Ho bisogno di uno spazio pubblico in cui dare valore a tutto quello che faccio, tenendolo tutto insieme senza temere le ideologie che vi sono nate intorno, disincrostando la parola cura. Il modello economico e sociale oggi in crisi lo ha costruito il maschile, finalmente ho una leva attraverso la quale dire che ci puo’ essere un modello differente, anche se non so dire come sia concretamente possibile costruirlo. Prima di tutto pero’ so che dobbiamo riconoscerlo a noi stesse.
Lorenza: anche gli uomini curano, tutti dovrebbero condividere la cura, temo che questi ragionamenti si rivolgano contro di noi. Il punto in cui qualcosa puo’ trasformarsi da opportunita’ in scacco e’ sempre dato dalla ” giusta misura”.
Letizia P.: gli uomini e le donne sono diversi. Comunque, ricordiamoci che molte sono le contraddizioni presenti nel nostro tentativo di rovesciare il senso della cura. teniamone conto e teniamo conto che il rendersi utile e’ un sentimento potentissimo.