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relazioni politiche, dal quartiere al mondo

Le Autorevoli2/Tre donne che contano

13 Aprile 2012
di Anna Maria Crispino

Angela Merkel, Christine Lagarde, Helle Thornig Schmidt dominano la politica europea nel primo semestre del 2012

 

Il presidente del consiglio italiano Mario Monti gode di grandi consensi in patria e in Europa. Persino l’arcigno Economist si spertica in lodi per l’uomo che riesce a stare a a suo agio a Roma come a Berlino, Bruxelles e Parigi: «L’Italia ha trovato il suo Cincinnato», scrive il notista politico che si firma Charlemagne sul numero di metà marzo del settimanale britannico. «Mario Monti è così riverito da poter essere paragonato a Lucio Quinzio Cincinnato, politico dell’antica Roma che, ritiratosi a vita privata, fu richiamato per salvare la città. […] gli chiesero di assume la carica di dittatore per sei mesi per affrontare gli equi che aveno stretto d’assedio una armata romana. Sconfitti i nemici, Cincinnato rinunciò al potere assoluto e tornò al suo aratro rifiutando il bottino e i doni[…] In tre mesi il premier ha salvato l’Italia dalla catastrofe». Eppure, è dallo stesso commentatore che viene un avvertimento: «La sua autorevolezza potrebbe non bastare a smuovere la Germania dalla sua controproducente ossessione per l’austerità». Tutta colpa della Merkel, come sostiene a gran voce la destra italiana? Già, Angela Merkel: la cancelliera tedesca è, nel bene e nel male, “la” protagonista dell’attuale politica europea, osannata per la sua determinazione come una novella Margaret Thatcher, criticata per il suo rigorismo sulle politiche di bilancio, discussa per l’asse di ferro con il presidente francese Nicolas Sarkozy – alleanza per cui la stampa ha creato il neologismo “Merkozy” e che potrebbe essere a rischio per le prossime elezioni presidenziali in Francia – invidiata per la capacità di gestire crisi interne potenzialmente devastanti, come la rovinosa caduta di due presidenti tedeschi nel giro di due anni.

Ma tra “quelle che contano” sulla scena europea ci sono anche una francese, Christine Lagarde, dal luglio scorso alla guida del Fondo Monetario Internazionale (FMI) dopo le dimissioni forzate del potentissimo connazionale Dominique Strauss-Khan (travolto da uno scandalo sessuale) e la premier danese Helle Thornig Schmidt, presidente di turno dell’Unione Europea fino al giugno prossimo. Donne autorevoli, dalle biografie diverse, come diversi sono i loro orientamenti politici, ma che hanno infranto quella uniformità di genere che a lungo ha contraddistinto la “foto di gruppo” dei potenti del Continente. Un tris di donne che costituisce dunque un precedente, pratico e simbolico. Ma quanto abbiano cambiato, o modificheranno nel lungo periodo, dell’orientamento, lo stile, le scelte dell’Europa a venire è ancora tutto da verificare.

ANGELA, LA RAGAZZA VENUTA DALL’EST

“Mutter Mutlos”, vale a dire “Madre senza coraggio”, titolava in copertina IL (il “maschile” del Sole 24 Ore)  di venerdì 10 febbraio su un primissimo piano di Angela Merkel, cancelliera tedesca (lei stessa vuole essere chiamata così, fu una delle sue prime dichiarazioni quando assunse l’incarico nel novembre 2005). Una foto che non nasconde nessuna delle sue rughe e pieghe d’espressione, in forte contrasto con uno scatto nelle pagine interne che la mostra giovanissima e senza trucco. Il ritratto che ne fà Adriana Carratelli parte da un paragone con Margaret Thatcher – fisico, come è d’uopo, pare, per le donne, anche in politica: se la Iron Lady aveva <<occhi cerulei ma sguardo da Caligola>>, Angela «Ha il viso bianco e rosa, pacioso, delle vecchie bambole di Norimberga. Occhi celesti d’ordinanza, sguardo tranquillo, può sembrare perfino rassicurante ma è ingannevole, ambiguo». Ma stessi «denti d’acciaio, però», ci assicura la corrispondente da Bruxelles del Sole.

Questa “madre” (che non ha figli) stranamente ritenuta  “senza coraggio” – certo lontanissima dal personaggio brechtiano – è stata per diversi anni considerata dalla riviste Forbes la donna più potente del mondo. E ne ha fatto di strada, la figlia di un pastore luterano e di un’insegnante di latino, nata ad Amburgo nel 1954 ma cresciuta nella Germania dell’est. Laureata in fisica a Lipsia e poi con un dottorato a Berlino, eletta al parlamento nelle prime elezioni dopo la riunificazione, pupilla del cancelliere Helmut Kohl, artefice della riunificazione tedesca e padre dell’euro, Angela Dorothea Kasner (Merkel è il cognome del primo marito Ulrich, da cui ha divorziato nel 1982) si è risposata con Joachim Sauer, chimico di fama mondiale, solo nel 1998, dopo 17 anni di convivenza. E’ stata ministra per la Famiglia, la Gioventù e le Donne nel terzo governo Kohl, poi nel 1994 nominata ministra per l’ambiente: era la più giovane, e per questo soprannominata “das Mädchen”, “la ragazza”, ma la sua carriera da quel momento in poi sarà inarrestabile.  Caduto Kohl alle elezioni del 1998, Merkel diventa prima segretaria della Cdu (Unione Cristiano-Democratica) poi presidente dal 2000 – e quindi automaticamente leader dell’opposizione – quando al governo c’era il socialdemocratico Gerhard Schröder. Ma è con la SPD che, dopo una tornata elettorale che vide le due forze maggiori appaiate nei risultati, dovrà allearsi nel 2005 per il suo primo mandato, una “grande coalizione” che regge fino al 2009 quando, dopo le elezioni che le danno una vittoria netta, le allenze cambiano e al posto dei socialdemocratici subentrano i liberali, imprimento alla politica di Berlino una decisa sterzata verso il centro-destra. Un grande potere è nelle mani  dell’ambiziosa ragazza venuta dall’Est cui si attribuisce la frase: «In definitiva per vincere non si devono rispettare le regole del gioco».

CHRISTINE, L’ENFANT PRODIGE

Christine Madeleine Odette Lagarde, classe 1956, sorriso pronto e chioma bianca di grande charme, nel 2009 è stata inserita al 17esimo posto nella lista della rivista Forbes delle 100 donne più potenti del mondo. Nello stesso anno, il Financial Times la definiva «il migliore ministro delle finanze dell’eurozona». “Il”, appunto. Perché la carriera di Christine segue il percorso delle élite più prestigiose di Francia, anche se gli inizi non sono stati facili: figlia di un professore universitario e di un’insegnante, maggiore di quattro figli, perde il padre a 17 anni, ma nel frattempo lei ha frequentato un ottimo liceo e ha avuto anche il tempo e le energie per praticare il nuoto sincronizzato, vincendo una medaglia di bronzo ai Campionati di Francia. Con una borsa di studio trascorre il suo primo anno all’estero, negli Stati Uniti, e fa uno stage come assitente parlamentare di un deputato repubblicano a Capitol Hill. Ma poi, tornata in Francia, riprende gli studi, approda alla prestigiosa ENA (Ècole Nationale d’Administration) per specializzarsi in scienze politiche, accumulando master in varie discipline mentre nel frattempo insegna diritto all’univesità di Paris X-Nanterre. Nel 1981 diventa avvocato ed entra in uno degli studi legali internazionali più prestigioso al mondo, Baker&McKenzie, presente in 35 paesi, scalandone uno ad uno i gradini del potere interno per 25 anni, fino alla carica di presidente del consiglio di amministrazione (prima donna, ovviamente) nel 1999. Nel 2004 il presidente Jacques Chirac le conferisce la Legion d’Onore e l’anno dopo Christine Lagarde ritorna in Francia ed entra in politica con l’incarico di ministro delegato per il commercio estero nel governo conservatore di Dominique de Villepin. Nel 2007 è super-ministro dell’economia, finanze e occupazione, ruolo, che con un’altra dizione, le viene confermato dopo l’arrivo all’Eliseo di Nicolas Sarkozy. E ancora una prima volta: quando il suo connazionale Dominique Strauss-Khan è costretto alle dimissioni per uno scandalo sessuale, è lei il 28 giungo del 2011 la prima donna ad assumere la carica di direttore generale del Fondo Monetario Internazionale. In questa veste, ha dovuto gestire la crisi finanziaria europea e le scelte per il salvataggio della Grecia, venendo spesso, dicono le indiscrezioni, in contrasto con Angela Merkel. La cancelliera non ha commentato, ad esempio, le ultime indiscrezioni del New York Times (10 marzo), ma Christine, sempre sorridente, ha affermato: «Ci sono molti circostanze e molte conferenze in cui siamo le uniche due donne. Quindi abbiamo un sentimento di reciproco riconoscimento, di complicità, di solidarietà». Sono amiche dunque, si chiamano per nome, si scambiano messaggini telefonici e regali a Natale. Eppure, hanno posizioni diverse: Lagarde ha favorito la formazione di un fondo europeo per fronteggiare le crisi, Merkel ha a lungo insistito che i singoli paesi per accedere agli aiuti di Bruxelles devono prima mettere in ordine i loro bilanci e sanare il deficit. Sia come sia, è nelle mani di queste due amiche la sorte del patto di disciplina fiscale, con i relativi controlli di bilancio, e l’intera armonizzazione delle politiche finanziarie europee.

“Gucci Helle”, “Rossa Helle”

Leader dei socialdemocratici danesi dal 2006, la 45enne Helle Thorning Schmidt è primo ministro della Danimarca dall’ottobre del 2011 e presidente di turno dell’Unione Europea per il primo semestre del 2012. Laureata in scienze politiche all’Università di Copenaghen nel 1994, parlamentare europea a soli 33 anni (1999-2004),  non c’è commentatore politico che riesca ad evitare di far cennno alla sua avvenenza e alla sua eleganza: non a caso è soprannominata “Gucci Helle”.  Ma se ne sottolineano anche il piglio deciso e l’abilità come negoziatore a Bruxelles. Piace molto, moltissimo, proprio per la sua bellezza non ostentata: scrive di lei, ad esempio, il sito “Gay.Tv”: <<È l’esempio per molte ragazze attratte dalla politica (quella vera) e dalla possibilità di ricoprire posti di lavoro importanti senza fare patti con la bellezza e favoritismi sessuali>>. La Danimarca non fa parte dell’unione monetaria – è dunque fuori dall’area dell’euro – ma anche la Thornign Schmidt si è dovuta misurare con la crisi economica che scuote il Continente e nell’insediarsi aveva indicato come priorità del suo semestre di presidenza le tematiche ambientali e la lotta contro la disoccupazione. Ma finora in Europa la sua voce si è sentita ben poco – la priorità è stata in questi mesi il salvataggio della Grecia – mentre in patria i primi passi della prima donna a capo del governo di Copenaghen (dopo un decennio di dominio conservatore) non sono stati tutti rose e fiori, come sottolinea il quotidiano Politiken. I sondaggi danno i consensi del governo in calo, la premier è accusata di non aver mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale. E tuttavia, rileva il commentatore politico del quotidiano Troels Mylenber, da lei i danesi si aspettavano e continuano ad aspettarsi moltissimo. Per le aspettative degli europei e delle europee, probabilmente si dovrà attendere il prossimo turno di presidenza danese. Se lei sarà ancora premier.

 

 

 

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