L’8 marzo è un compleanno, l’occasione di un “ripasso” dei mesi trascorsi.
Inevitabile è tornare al febbraio 2011: tutte quelle donne in piazza e quei sentimenti mischiati, la protesta, l’orgoglio, la dignità offesa e il denominatore comune dell’antiberlusconismo. Ci fu dibattito, prima, e servì a frenare la deriva di una messa all’indice delle ragazze licenziose. Fu prova di forza: la misura era colma (se non allora, quando?). Gli arcinemici del premier tutti a dire evviva le donne, mentre prolificavano comitati con quel nome da fumetto, Snoq. Voglia di iniziativa su tutti i fronti di vecchie e nuove militanti e piccole burocrazie in ascesa.
Sotto il sole di Siena, a luglio, quel movimento elencava piattaforme e obiettivi, con la crisi che azzannava l’Europa. Ai nomi delle olgettine si sostituivano parole poco piccanti come occupazione, precarietà, welfare. E’ a novembre che Berlusconi se ne va, dai cuori di molte se ne era già andato a febbraio. Il governo tecnico fa sperare: tre donne ministro, ministre sul serio. Sarà l’occasione per ridisegnare l’Italia a misura di donna?
La manifestazione che le promotrici di “Se non ora quando” avevano convocato per l’11 dicembre, pensata con Berlusconi regnante, perde impeto e risulta difficile riempire piazza del Popolo. Non c’ è più il Nemico e la proposta di un Pink new deal non scalda i cuori, anche se anima gruppi di lavoro e di ricerca. Ma non sembra interessare il governo nè i grandi organi di informazione che tanto avevano esaltato l’indignazione femminile.
Certo, fanno notizia le lacrime di Fornero come fa notizia che siano tre signore a occuparsi del tema più caldo e più doloroso, il lavoro. Alla ministra delle pensioni e dell’articolo 18 però non si perdona niente, eccola dipinta come sadica maestrina dalla penna rossa (Aldo Grasso, Corriere della sera) o addirittura come “Domina”, “lady di ferro trattenuta e marziale, mistress algida e scudisciatrice seriale” (Andrea Scanzi, Il Fatto quotidiano). Era stato facile farsi paladini della dignità femminile quando c’era da abbattere il premier dongiovanni, senza di lui riemerge la misoginia quotidiana.
Ma la stagione precedente ha lasciato anche tra le donne una discutibile eredità. Quello che, nel suo saggio appena pubblicato per il melangolo, Valeria Ottonelli definisce il “femminismo moralista”. Per giorni, ad esempio, si accaniranno in molte sulla farfallina di Belèn e anche l’anticonformista Litizzetto si conformerà alla tendenza censoria senza accorgersi che al festival Belèn era stata “signora del gioco”, padrona della sua bellezza e della sua provocazione, mentre i conduttori, loro sì subalterne macchiette, rivelavano tutti i luoghi comuni del patriarcato in declino.
In declino, ma non per questo meno offensivo. Anzi. La cronaca delle violenze omicide contro mogli e fidanzate che osano riprendersi la loro libertà è agghiacciante. “A noi la festa, a voi la parola” è il titolo di un post unificato firmato da alcune note blogger che per l’8 marzo si augurano che siano gli uomini a esprimersi sulla violenza riconoscendo “la questione maschile” che si nasconde dietro i delitti definiti “passionali”.
Le blogger: questa è sicuramente una novità dell’ultimo anno, la presenza diffusa delle donne sulla Rete. Elaborazioni e dibattiti fino a poco tempo fa chiusi in luoghi separati cominciano a circolare e a contaminarsi in cerchi sempre più ampi attraverso i siti femminili. Come la riflessione sul lavoro di cura, o meglio su “la cura del vivere” nata a Roma nel “gruppo del mercoledì”, rilanciata dalla rivista Leggendaria e dal sito donnealtri.it, che continua ad arricchirsi in incontri e convegni.
Ma anche gli appelli-minaccia ai partiti che non garantiranno il 50 e 50 di candidate e la raccolta di firme contro le dimissioni in bianco, insieme al coro spesso indistinto di denunce e lamentazioni. Un lavorio che corre parallelo all’affannarsi del governo e alle sconfitte della politica tradizionale. Sarà l’inizio di una stagione, contraddittoria e confusa come tutte le primavere, ma capace di accumulare forza e sapere? Dopo marzo, vedremo. Di solito viene sempre aprile.