Nella foto pubblicata sul sito di Repubblica (6 settembre) Strauss Kahn sorride mentre passeggia per Rue de Rivoli a Parigi. C’è chi lo fotografa, chi gli stringe la mano. Ancora non ha fatto discorsi, ci vorrà ancora tempo, si dice. Dovrà valutare il clima politico per decidere dove e se ricollocarsi. Tanto più dopo le dichiarazioni del vecchio socialista Michel Rocard (“è affetto da malattia mentale”) e di Martine Aubry , segretaria del partito socialista che ha preso il suo posto nelle primarie presidenziali (“sì alla presunzione di innocenza, ma la penso come tutte le donne riguardo al suo atteggiamento nei confronti del sesso femminile”). E dopo che Gisèle Alimi ha parlato su Le Monde (6 settembre) di “indecente ritorno mediatico di DSK”.
Qualche parola però l’aveva pronunciata a Washington nella sede del FMI dove si è accomiatato dallo staff scusandosi “con tutti coloro che sono rimasti feriti da questa vicenda. Si è trattato di un errore da parte mia..” (Il Giornale, 31 agosto). Anche se non si è soffermato a chiarire la natura del suo “errore” pare abbia ricevuto applausi scroscianti. Non si conosce invece ciò che ha detto in privato a Christine Lagarde, la donna che gli è succeduta alla direzione del Fondo. Una signora dai capelli argentei, sportiva, vegetariana nonché assolutamente astemia. Quasi certamente poco propensa a fare sesso con i camerieri. I due probabilmente non avranno fatto cenno allo scandalo che ha preceduto l’avvicendamento perché, come ha scritto Maria Laura Rodotà, “sono gente di mondo” (Corriere della sera, 29 agosto).
Se almeno due donne, Aubry e Lagarde, hanno dunque tratto vantaggio dalla caduta di DSK, poco si sa del destino della sua accusatrice. I suoi avvocati continueranno a sostenere l’accusa in sede civile e la direzione dell’albergo Sofitel l’ha invitata a tornare al lavoro. Insomma, pare si sia salvata “dall’essere giudicata colpevole di stupro nei confronti di quel bell’uomo desiderabilissimo la cui carriera di tombeur de femmes rimane intatta” (giornalettismo.com).
Da questo punto di vista, politico e culturale, il caso non è affatto chiuso. Ida Dominijanni si chiedeva infatti, il giorno dell’archiviazione: “ una donna che abbia mentito sulla sua vita passata, è perciò stesso una mentitrice quando accusa un uomo di averla stuprata?” (Il Manifesto, 25 agosto). E lo studioso Ian Buruma, scoprendo l’acqua calda, ha osservato che la tradizione culturale (o religiosa) è spesso un alibi per gli uomini che vogliono mantenere il potere sulle donne. Compresa la tradizione “latina” che scambia l’abuso per seduzione (Corriere della sera, 5 settembre).