Cambia il vento e solleva birichino le gonne delle fanciulle in fiore. Sui manifesti apparsi all’improvviso sui muri della capitale, le fanciulle colpite dal vento vanno alla festa romana dell’Unità, abbigliate di un bel rosso vermiglio, con qualche indizio queer, e nel gesto un po’ lezioso del contenere l’eccesso dello svolazzamento, c’è il remake, ahinoi quanto slavato e mutato di segno – dell’impareggiabile Marylin Monroe.
Do you remember “Quando la moglie è in vacanza”, classe 1955?
Forse i più giovani non l’hanno mai visto il film di Billy Wilder ma l’immagine è un’icona dell’immaginario e Marylin una vera e propria Venere pop. Come tutte le Veneri ormai anche lei senza più tempo né luogo. For ever. Di Marylin si vedevano però anche il viso, il sorriso, lo sguardo. Delle fanciulle in rosso classe 2011 sole le gambe. Le donne hanno perso la testa? Questo è il problema di quel manifesto.
In quel 1955, che preannunciava i favolosi anni Sessanta, nell’impudico svolazzare dell’ abito, colpito dal getto d’aria di una griglia dell’aereazione per la metropolitana, il corpo dell’attrice, diventato subito immagine cult e poi icona planetaria, metteva in scena, enfatizzandolo a dismisura, il contesto dei cambiamenti culturali in cui si andava avviando quella che sarebbe stata una vera e propria rivoluzione sessuale.
Di essa sarebbero state protagoniste soprattutto le donne. Corpo in immagine insomma, quello di Marylin con le gonne all’aria, che annunciava i tempi in cui le donne avrebbero messo radicalmente in discussione senza rimpianti codici bigotti, dispositivi sessuofobici, asfissiante controllo maschile sul loro corpo. L’immaginario disinibito di Hollywood faceva parte del contesto. Ci sarebbe stato di tutto, in quella rivoluzione: libertà del corpo e voglia di volare, disinibizione sessuale e ricerca della sessualità a partire da quello che ognuna sentiva come godimento e desiderava, e, guarda un po’, parola di donna e protagonismo politico delle donne. E altro, altro ancora. Un cambiamento del mondo. Nelle mani delle donne.
Come sempre avviene in seguito, quando il vento dei grandi cambiamenti si affloscia e le forze in campo diventano altre, l’eterogenesi dei fini non di rado prevale, distorce, porta altrove. Vince il più forte e il mercato è, non solo da oggi ma oggi senza tregua, il più forte. E la stessa politica, spesso anche quella che si assegna il titolo di democratica, civile, anche un po’ di sinistra e che ha capito a suo tempo quel che ha capito del femminismo ( che cosa esattamente?), ne è anch’essa un po’ ancella. Forse troppo, talvolta.
I corpi liberati, allora, che fine hanno fatto?
Continuano a essere tali, per chi voglia che sia così e sarà il caso di avere ben chiaro questo lato della faccenda, senza cedere al vittimismo e al piagnisteo moralistico. Ma la scena pubblica e l’immaginario collettivo dicono, del corpo, anche altro. I corpi sono oggetto della messa in scena del potere, della grande giostra mediatica, dove gli affari, l’accaparramento di spazi di ogni tipo, la pubblicità che tracima da tutte le parti, lo scontro politico e la lotta per il controllo di tutti i palazzi, davvero tutto, insomma, è precipitato nel flusso di una comunicazione dell’indifferenziato, che fa leva su allusioni, suggestioni, richiami e rincorse senza più limite.
Il sesso è sempre una suggestione perturbante e il viagra è l’altra faccia del contesto. Corpi a disposizione di chi può averli, e ognuno può fare l’uso che vuole del proprio. Su questo niente da dire, ovviamente, purché liberamente una o uno lo voglia. Ma anche questo non sfugge al contesto.
Corpo mercificato – soprattutto quello delle donne, ma non solo quello – corpo ridotto a richiamo sessuale – soprattutto quello delle donne ma non solo quello: questo è oggi il corpo liberato messo a disposizione di tutto, in Italia in forme estreme, fino all’oscenità dello scambio tra sesso e potere e del bunga bunga esportato per via ufficiale nel mondo dal premier.
E gli uomini?
Anche loro ormai sono nella giostra dei corpi in esposizione e a disposizione: una tendenza ancora sotto traccia perché non c’è sufficiente percezione ed elaborazione sociale di che cosa questa tendenza rappresenti nelle metamorfosi del mondo. Tema aperto però, perché la femminilizzazione è oggi la cifra di tutto, metafora del crescente assoggettamento di donne e uomini e giovani soprattutto, a tutti i poteri.
Ma i manifesti per la festa romana dell’Unità preferiscono canonicamente suggestioni che vengono dal corpo femminile, sia pur con qualche indizio di chissà che cosa. Sono insomma nel meanstream della comunicazione, dal lato accattivante e “sobrio” dello stesso contesto.
Gambe di ragazze allora. La testa c’è ovviamente, in un altro manifesto ideato per la stessa festa, ma è una testa maschile, orientata al pensare, con al collo una cravatta che svolazza. A causa dello stesso vento, ovviamente. Meanstream anche questo.
Peccato che quel vento donne e ragazze abbiano contribuito in misura determinante a farlo crescere, a diffonderlo, a renderlo vento di cambiamento che ci ha ridato fiato. E lo hanno fatto, guarda un po’, con la testa e con le gambe, con intelligenza e ostinazione, parlando, scrivendo, organizzando le iniziative, mobilitandosi e invadendo le piazze.
Come spesso fanno le donne, testa e gambe insieme.