La querelle sul manifesto del Pd romano con la gonna al vento lì per lì mi era sfuggita. E’ stata una e-mail di una vecchia amica a informarmi. La mail riportava una lettera indirizzata a Rosy Bindi dall’associazione “corrente rosa”, corredata dalla riproduzione del manifesto, in gran parte “oscurato” da una specie di timbro circolare con la scritta: “messaggio lesivo della dignità della donna”. Nel testo si annunciava l’intenzione di boicottare la festa romana del Pd se il manifesto non fosse stato rimosso, e si suggeriva al partito di Bersani di istituire dei “comitati paritari” per controllare l’uso pubblico delle immagini femminili nella propaganda.
Se, come sembra, quel manifesto ha offeso la dignità di molte donne, evidentemente c’era qualcosa di sbagliato, o perlomeno di ambiguo, e sono io che non l’ho visto.
Tuttavia ricevendo quel messaggio nella posta elettronica non ho potuto impedirmi di pensare a una forma leggermente inquietante di invocazione alla censura. E’ una discussione che mi è già capitato di sostenere con amiche dell’Udi, che propongono ai Comuni – e alcuni Comuni lo hanno già fatto, non so con quali esiti – di istituire appunto delle “commissioni” per vagliare il grado di volgarità antifemminile contenuta nei manifesti pubblicitari, con la possibilità di impedirne l’affissione. Anche la critica espressa dal comitato “Se non ora quando” conteneva un invito abbastanza perentorio a “ritirare la campagna”.
Per cui, quando ho letto la lettera di Franca e Letizia, ho come tirato un piccolo respiro di sollievo di fronte al proposito di alleggerire la faccenda anche con un po’ di ironia.
Una reazione maschile? Al limite maschilista? Perché non mi ha dato fastidio quell’immagine di una gonna leggermente alzata dal vento?
Molte immagini volgari mi infastidiscono, come mi infastidisce la esibizione di certi nudi o quasi-nudi femminili in molte, troppe trasmissioni televisive. Il documentario di Lorella Zanardo ha interpretato un giustissimo “ora basta” rispetto a quest’uso del corpo femminile.
Penso però che il discorso non debba essere troppo semplificato. Il corpo di una donna e la sua bellezza esercitano una forza enorme su noi uomini, e immagino anche su altre donne. Credo che i maschi che esercitano un potere sulle immagini oscillino continuamente tra la spinta a celebrare con desiderio ma senza violenza questa bellezza, anzi con una sorta di devozione, e la volontà di dominare una forza molto potente, anche e soprattutto ricorrendo allo strumento della volgarità che umilia, mortifica, sottomette.
La presenza pubblica veramente pervasiva – giornali, riviste, tv, cinema, arte, pubblicità, centri commerciali, e le folle che incrociamo ogni giorno – di corpi femminili che si offrono allo sguardo la vivo da molto tempo come la manifestazione di un duplice significato: la nuova forza simbolica e sociale delle donne, e il tentativo – sempre più debole – degli uomini di imbrigliarla, immiserendo e squalificando così anche il proprio desiderio.
Il confine tra questi due significati è assai mobile, ambiguo, a volte sottile. E’ un confine estetico e quindi etico. E antico. Dalla venere di Milo all’”origine del mondo” di Courbet, e perché no, all’icona Marilyn Monroe, citata forse troppo ingenuamente dal manifesto incriminato.
Non credo che nel “ventennio” che abbiamo alle spalle ci sia stato solo il dominio dello “sguardo maschile che ha spadroneggiato”. Mi auguro quindi che la reazione, ora che l’antropologia italica ha improvvisamente cambiato segno, non sia quella “svolta puritana” evocata con possibilismo da Marina Terragni.
Infine ho anche la sensazione che nelle critiche al manifesto emerga un eccesso di ostilità verso il Pd. Non sono iscritto a questo partito (e da una decina d’anni non sono iscritto ad alcun partito). Tuttavia non mi sembra rispondente al vero dipingerlo come un soggetto completamente privo di idee e del tutto passivo e ottuso rispetto al “vento che è cambiato”, nonostante i suoi molti difetti. Ammirato anch’io dalla novità dirompente di un movimento come quello che si è formato contro la privatizzazione dell’acqua , ho scorso sul web la lista delle centinaia di associazioni, comitati, gruppi e realtà varie organizzate, laiche e religiose che hanno sostenuto questa battaglia vittoriosa, e ho scoperto che vi figurano quasi una sessantina di circoli territoriali del Pd, di organizzazioni provinciali di questo partito e di gruppi di “giovani democratici”.
Clandestini smarriti nel mare della società civile?
E oso chiudere – compromettendomi definitivamente – spezzando un’ultima fragile lancia in favore del trentaseienne Andrea Santoro, che non conosco, responsabile della comunicazione del Pd del Lazio, e quindi dell’esecrato manifesto, il quale ha dichiarato sconsolato al Corriere della Sera che probabilmente perderà il posto e che voleva solo “trasmettere un’idea di leggerezza”, visto che da noi il “vento cambia” senza i morti in piazza come accade nei paesi del Nord Africa.
Care amiche forse giustamente indignate, e se meritasse appena un minuto di ascolto?