L’immagine sul maxi schermo è quella di un acquario di pesci rosa e azzurri. Poi, con l’accompagnamento di una musica incalzante, lo schermo cambia colore e l’azzurro trionfa. Così a Deauville, Francia, alla presentazione del Quarto Rapporto Women matter dell’istituto di ricerca economica McKinsey, è stato illustrato il divario francese nelle carriere tra donne e uomini. Quasi in parità i due sessi alla laurea nel 1975 (primo acquario), del tutto dispari 35 anni dopo. Le top manager sono un’esigua minoranza, il 7 per cento (secondo acquario).
La cronaca di Monica D’Ascenzo su Il Sole 24 ore (15 ottobre) ci offre anche la metafora risolutiva. Quella del doppio misto a tennis, gara che non a caso farà il suo debutto alle prossime Olimpiadi. Perché? Perché la squadra mista funziona, assicurano gli analisti. In Europa, Brasile, Russia, India e Cina le aziende che hanno avuto risultati migliori sono quelle che vantano una più ampia presenza femminile nel comitato esecutivo.
L’approccio economico alla questione delle “quote rosa” è forse più convincente di tante dissertazioni che travagliano da anni il mondo delle donne. In Italia sono i giornali più vicini alle grandi imprese che hanno continuato a sostenere la necessità di femminilizzare i Consigli di Amministrazione, anche con le “quote rosa”. Fece notizia l’anno scorso la lettera che Corrado Passera (Intesa San Paolo) e Alessandro Profumo (allora Unicredit) scrissero al Corriere Economia (2 novembre 2009) per sostenere la necessità di aumentare la presenza femminile nei CdA, anche con quote temporanee.
Suggerimento accolto. Il Corriere Economia del 18 ottobre ci informa che la Commissione Finanze della Camera sta per approvare la legge che introduce anche in Italia le quote di genere nelle società quotate, in quelle a partecipazione statale e degli enti locali. La Ministra Carfagna ha già dato piena adesione e anche donne per nulla governative come Lilli Gruber e di cultura femminista come Lidia Ravera e Ritanna Armeni ammettono di essersi ricredute e di considerare le quote una sorta di male necessario (Corriere della sera, 16 ottobre). Per Paola Profeta della Bocconi le quote “innescheranno processi virtuosi e competitivi di talenti equamente distribuiti tra uomini e donne”.
Tra le voci fuori dal coro quelle di economisti di formazione liberal-liberista come Alessandro De Nicola che proprio su Il Sole 24 ore (26 settembre) aveva dubitato della correlazione tra presenza femminile negli organismi dirigenti e risultati delle aziende. Il rischio inoltre, aveva scritto, è che le prescelte appaiano come “raccomandate”. Una piccola casta di “gonne dorate”.