Lo sapevate che in Iran, il paese che boicotta i libri, le ragazze sono il 65 per cento degli studenti universitari? Lo ha raccontato su Repubblica Vanna Vannuccini (26 febbraio) osservando che, “paradossalmente, proprio l’obbligo del chador e della divisione tra sessi ha funzionato da lasciapassare per molte figlie di famiglie tradizionali”. I successi scolastici femminili hanno preoccupato il regime. Vedendo minacciato il ruolo maschile nelle professioni il regime ha varato nuove regole per l’ammissione alle università (tutte a numero chiuso): una quota rosa e una quota azzurra del 30 per cento ciascuna. Solo il resto dei posti sarà lasciato alla libera competizione.
L’argomento “quote rosa”, invece, appare superato in questa vigilia elettorale. (Di donne, in verità, si parla fin troppo, facendo riferimento più agli uteri che alle virtù politiche). Ma i partiti che vogliono apparire rinnovati sono andati a caccia di nomi femminili. Il Pd chiude le liste prima di tutti vantando un 35 per cento di donne (L’Unità, 4 marzo); Sinistra Arcobaleno ne promette il 50, ma anche nel Pdl non ci saranno solo Brambilla e Carfagna.
Tempo fa Claudia Terracina su Il Messaggero (7 febbraio) aveva scritto che le quote rosa “capitano a fagiolo per poter sfrondare le liste elettorali da personaggi sgraditi, bolliti” o, semplicemente, scomodi. La politica, sentenzia Corrado Guzzanti, “usa le donne solo come immagine” ( Stampa, 3 marzo).
Ma sarà ancora vero?
Sembra piuttosto che il muro maschile della politica abbia cominciato a incrinarsi. Lo prova anche la candidatura di Anna Finocchiaro in tandem con Rita Borsellino alla Presidenza della Regione Sicilia. Anche se l’onorevole Pippo Gianni dell’Udc siciliana esclude che i fimmini possano governare la sua regione. “Governatrice. Come le suona?” gli chiede Barbara Romano (Libero, 24 febbraio). “Male. Malissimo!” risponde. “Sembra la cameriera che si occupa di rigovernare le stanze degli hotel”.
Eppure fa riflettere che l’unica candidata premier, Daniela Santanchè, sia a capo di una lista di destra/destra. Il fatto che abbia nessuna chance di diventare Presidente del Consiglio toglie poco al dato simbolico. Senza contare che, se mai si riuscirà a organizzare in tv i “faccia a faccia” multipli con il nutrito grappolo di impossibili premier, lei sarà l’unica.
Non solo simbolica è invece la candidatura di un’altra signora a un ruolo fuori dalla politica, ma con indubbio potere sulla politica. Emma Marcegaglia infatti sarà la prossima Presidente di Confindustria. La prima volta di una donna, dal 1910 (Corriere della sera, 3 marzo).
Rubrica uscita su “Europa” il 5 marzo 2008